L’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi continua a restare avvolto nel mistero. Se da una parte la procura turca ha chiesto l’arresto di due alti funzionari sauditi ritenuti i responsabili dell’uccisione (ma non certo gli unici), e mentre dall’altra parte giunge comunicazione di Riad che smentisce un possibile legame tra i killer ed il principe Mohammed Bin Salman, nella vicenda ora interviene anche l’Onu. Lo fa sapere l’agenzia di stampa Ansa che ha riportato le parole dell’Alto commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, in una conferenza stampa a Ginevra. Lo stesso ha spiegato che nel caso dell’uccisione di Khashoggi “credo che ci sia davvero bisogno” di un’inchiesta internazionale “per accertare ciò che è realmente accaduto e chi sono i responsabili di quel terribile omicidio”. A volere fortemente una indagine internazionale è anche la stessa Turchia che spera non possa esserci alcun insabbiamento sull’omicidio del reporter avvenuto nel consolato saudita di Istanbul. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
RIAD “TRA PRINCIPE E KILLER NESSUN LEGAME”
Con l’emissione dei due ordini di arresto da parte della procura di Istanbul nei confronti di altrettanti alti funzionari sauditi si sono riaccesi i riflettori sull’omicidio di Jamal Khashoggi. I destinatari del provvedimento sarebbero Saud el Kahtani e Ahmed Asiri, il primo ex fidato consigliere del principe e il secondo numero 2 dell’intelligence saudita. Entranbi avrebbero preso parte al delitto del giornalista. Tuttavia, proprio fonti vicine al principe Mohammed Bin Salman avrebbero smentito ogni sorta di legame con i presunti killer. “In nessun momento Sua Altezza Reale il principe ereditario ha avuto comunicazioni con alcun funzionario saudita per far del male a Jamal Khashoggi, un cittadino saudita. Respingiamo categoricamente ogni accusa che mira a collegare il Principe a questo orribile incidente” ha scritto su Twitter la portavoce dell’Ambasciata di Riad a Washington, Fatima Baeshen, come riporta l’Ansa. La stessa ha ribadito che Riad mantiene il suo “fermo impegno” in merito alle relazioni bilaterali con gli Usa. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
STRETTA ATTORNO AL PRINCIPE MBS
Torna d’attualità il caso riguardante l’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista del Washington Post ucciso nel consolato saudita di Istanbul. La Turchia, che sta seguendo da vicino il caso per ovvi motivi, ha chiesto l’estradizione di Saud al Qahtani, consigliere ed ex responsabile della comunicazione del principe Mohammed bin Salman, e il generale Ahmed al Asiri, ex numero 2 dell’intelligence. Peccato però che l’Arabia Saudita non abbia alcuna intenzione di concedere l’estradizione di entrambi, ed anzi, ha rimandato al mittente la richiesta, anche perché fra Turchia ed Arabia Saudita non esiste alcun trattato a riguardo. La cosa certa è che sembra ormai chiaro come il principe MbS, anche se nessuno lo abbia mai ammesso in via ufficiale, sia coinvolto nell’omicidio di Khashoggi. Una tesi sostenuta in particolare dagli Stati Uniti, dopo le indagini condotte in prima persona da Gina Haspel, direttrice della Cia, che ha relazionato con i senatori americani. Una questione delicata visto che Trump ha stretto legami commerciali molto importanti con i sauditi, e accusando direttamente l’erede al trono, sgretolerebbe sul nascere ogni rapporto. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
OMICIDIO KHASHOGGI: CHIESTA ESTRADIZIONE DI DUE SAUDITI
Li avevamo lasciati lì negli Usa, “coperti” da Trump per l’omicidio del ribelle giornalista anti-regime Jamal Khashoggi (ucciso e trucidato il 2 ottobre scorso da un commando di 15 militari nella ambasciata saudita di Istanbul): sono i reali dell’Arabia Saudita che oggi tornano “protagonisti” per aver rifiutato e rigettato i mandati di cattura inviati dalla Turchia verso due stretti collaboratori del principe ereditario Mohammed Bin Salman, il vero “mandante” secondo la Cia dell’omicidio del giornalista collaboratore del Washington Post. È notizia non di oggi che la procura di Instanbul indaghi su Saud al Qahtani (consigliere del principe ereditario) e sul generale Ahmed al Asiri, di fatto l’ex numero 2 dell’intelligence di Riad: ma ora sono stati emessi i primi mandati ufficiali per l’arresto dei due collaboratori considerati la mente operativa della “missione Khashoggi”. Solo che il Governo di Riad li ha respinti con forza dato che al Asiri e al Qahtani sono ancora in Arabia Saudita e per questo la monarchia Salman non ha concesso l’estradizione.
OMICIDIO KHASHOGGI: LA REPLICA DI RIAD
Si riapre così lo scontro diplomatico e geopolitico fortissimo tra la Turchia (membro Nato, non bisogna dimenticarlo) e l’Arabia Saudita, con sullo sfondo le fortissime polemiche contro gli Usa di Trump che in maniera imbarazzata spiegava giorni fa «il principe Bin Salman forse sapeva dell’operazione Khashoggi ma non abbiamo le prove e forse non sapremo mai la verità». Intanto però l’alleanza strategica Riad-Washington continua nonostante l’odioso omicidio politico e il Medio Oriente ridiventa polveriera per la “scelta” della Casa Bianca; al-Qahtani è considerato dai servizi di intelligence turchi – ma anche occidentali, come spiega La Stampa – come il regista della repressione nei confronti di tutti i dissidenti anti-Riad, mentre il generale è visto come il capo coordinatore dell’operazione contro Khashoggi. Il suo corpo è stato fatto a pezzi con un seghetto da chirurgo e poi sciolto nell’acido: ad oggi ancora non ci sono i veri responsabili consegnati alla giustizia e per di più la collera di Turchia, Ue e gran parte del Congresso americano (che tende a seguire più la Cia di Trump su questo particolare caso) che considera il principe saudita come il vero mandante del delitto politico, nonostante la “copertura” del Presidente Trump.