Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti, non si volta neanche per un secondo, girando le spalle alla sorella di Kim Jong-un e ignorandola completaente alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali mentre le massime autorità sudcoreane le stringono la mano salutandola calorosamente. In questa immagine c’è tutta la realtà di quello che tutte o quasi le testate giornalistiche mondiali hanno definito in modo entusiasta le “Olimpiadi della pace”. Se è davvero così lo abbiamo chiesto a Francesco Sisci, editorialista di Asia Times.
Cosa ne pensa di questo entusiasmo che anima l’occidente nei confronti di Olimpiadi definite “della pace”? E’ davvero così?
L’impressione è che questo entusiasmo rappresenti la volontà, giusta, di cercare di animare questa fiammella di pace che vediamo in atto. Però sarebbe sbagliato e controproducente pensare che questa fiammella diventi un vero focolaio.
In che senso?
Il rischio è che la fiammella si spenga. Da una parte dobbiamo essere positivi e però sapere in coscienza anche i limiti di quello che sta accadendo.
Ci spieghi meglio questo passaggio.
E’ vero che non ci sono state minacce da qualche settimana, ma il pericolo di nuove escalation militari non lo esclude nessuno. Ci sono infatti due nuovi ordini di pericolo che si sono creati. Quanto al primo, il consenso che sembra si stia creando nella regione coreana e nel mondo nell’accettare di fatto la potenza nucleare della Nord Corea sta spingendo alcuni paesi della regione a considerare scelte nucleari e militari similari.
Quali paesi in particolare?
Taiwan in primo luogo. Sono state rispolverate batterie anti missili della guerra fredda e dirette contro le batterie missilistiche della Cina. Ci potrebbe essere un aumento di tensione se la Corea del Nord non solo non ferma la corsa ma non pensa a come eliminare il suo arsenale nucleare. Si tratta di tensioni già avviate e non si sa come affrontarle. Quello che potrebbe mettersi in moto potrebbe essere ancor più pericoloso della crisi nordcoreana.
Il secondo pericolo?
I giornali americani hanno parlato con sufficiente cognizione di causa di piani militari contenenti attacchi preventivi in grado di colpire senza provocare milioni di morti tra i civili ma di distruggere solo l’arsenale militare di Kim Jong-un. Questo è un secondo elemento di tensione, per cui sì, viva queste Olimpiadi, però nel frattempo gli sviluppi pericolosi della dinamica nordcoreana si stanno allargando.
Questa fiammella come l’ha definita lei, accesasi tra le due Coree, è dovuta a Pechino?
Certamente Pechino ha contribuito, d’altro canto queste spinte che la Cina ha dato alla Nord Corea per ottenere questo risultato hanno anche ulteriormente eroso la relazione bilaterale fra i due paesi.
In che modo?
Le relazioni tra i due paesi non sono più idilliache. La Cina ha bene in mente quando alla fine degli anni 70 il Vietnam invase la Cambogia per eliminare il regime di Pol Pot. L’America in quel momento temeva un’espansione nell’area di controllo sovietica in Asia orientale, perché il Vietnam era alleato dell’Unione Sovietica. Fu così che l’America appoggiò un intervento cinese contro il Vietnam che era alleato della Cambogia. Questa guerra lacerò i rapporti fra Cina e Vietnam che ancora oggi sono molto tesi. Dunque una spinta maggiore di Pechino su Pyongyang potrebbe avvelenare il rapporto tra vicini.
Che ci può dire di questa sorella di Kim Jong-un? Solo una figura di rappresentanza o qualcosa di più?
Dicono che non sia solo una figura di rappresentanza, ma che sia anzi molto vicina e molto ascoltata dal fratello. Ha studiato anche lei in Svizzera e ha quindi un’esposizione internazionale maggiore rispetto ai loro genitori, però non sappiamo null’altro di lei data la segretezza pressoché totale che riguarda la famiglia del dittatore.