La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno accusato l’esercito siriano di aver invaso la propria area di de-escalation e di aver attaccato un comando delle forze filo-americane Syrian Democratic Force (Sdf) presso i campi petroliferi di Omar (nell’area dell’ex raffineria di petrolio El Isba) al nord-est della Siria. Il risultato è stato la pronta reazione dell’Us Air Force e dell’artiglieria americana che ha bombardato l’esercito siriano.
L’intervento dell’aviazione statunitense e dell’artiglieria in area desertica contro unità senza appigli tattici non dev’essere stata un’operazione particolarmente complicata: lo United States Central Command ha stimato di aver eliminato almeno cento miliziani filo-governativi, mentre dall’altra parte, nelle file dell’Sdf, si è registrato solo un caduto. Cento contro uno ma — ha detto la parte statunitense — “si è agito per legittima difesa”: Centcom l’ha scritto anche in un tweet, forse imitando la consuetudine di Trump.
Però il governo siriano dissente, dice che l’obiettivo delle loro unità non era il Comando Sdf situato presso i pozzi petroliferi ma elementi dell’Isis che spesso fanno scorrerie nella zona siriana (questo spiega perché tra i siriani sono morti anche elementi di “Isis Hunters”, una unità siriana che va a caccia specificatamente di elementi di Daesh).
Avevano ragione i siriani: non esiste nessuna zona di de-escalation al nord della Siria e le forze Usa sono illegalmente in Siria. E’ chiaro che si tratta di una situazione di fatto, imposta solo in virtù del preponderante potenziale militare statunitense.
Per quando riguarda la giustificazione del diritto-dovere di difendere i propri alleati del Syrian Democratic Force (Sdf) varrebbe la pena ricordare che questi altrove non hanno alcuna impunità: sono gli stessi massacrati in questo momento nel cantone di Afrin dalle forze armate turche e dai ribelli siriani del Free Syrian Army. Coerentemente, è chiaro che sarebbe più necessario che gli americani proteggessero le forze curde ad Afrin anziché nel nord dell’Eufrate, dove il governo siriano ha offerto spesso la mano tesa per accordi reciprocamente vantaggiosi. E’ chiaro che se tale evidenza non trova consenso da parte americana, è perché in certe circostanze l’alleato turco è un alleato più remunerativo di quello curdo.
Ma quindi se l’Sdf sono i curdi e i curdi non criticano la Siria di Assad ma desiderano solo un loro stato autonomo, cosa ci fanno insieme agli americani?
Sorprendentemente, a chiarire certi equivoci sulla vera genesi di Sdf, ci viene incontro il generale Raymond Thomas, responsabile del Comando per le operazioni speciali dell’esercito degli Stati Uniti. Ebbene, l’ eminente ufficiale dell’ US Army in un’intervista realizzata il 21 luglio 2017 presso l’Aspen Institute Security Forum, ha chiarito che l’Sdf non è altro che un’invenzione prefabbricata dal Pentagono. L’Sdf — afferma il generale — non è altro che la riproposizione sotto altra sigla delle Unità di Protezione Popolari curde (Ypg).
Proseguendo nell’intervista, i successivi passaggi chiariscono che i curdi sono stati scelti come alleati semplicemente perché erano gli unici disponibili: “Come sai, a volte è necessario. [Mi chiedi] chi è disponibile? Ciò che penso sia più discusso e più frainteso è l’evoluzione dei nostri alleati in Siria, le cosiddette forze democratiche siriane”. Successivamente, viene spiegato il motivo della sigla Sdf: “Ora, curiosamente, sono arrivati a quel nome perché volevano chiamarsi così quando ero nella fase formativa della relazione con questi ragazzi. In precedenza, si chiamavano Ypg che i turchi avrebbero detto equivalente al Pkk e affermavano: Hai a che fare con un mio nemico terrorista. Come hai potuto farlo, come alleato“.
Infine, il generale Thomas racconta come — da parte americana — si è pensato di superare la ritrosia turca: “Così abbiamo letteralmente giocato con loro [e gli abbiamo detto], sai, devi cambiare il tuo marchio. Come vuoi chiamarti oltre all’Ypg? E, con circa un giorno di preavviso, [i curdi di Ypg] dichiararono di essere le forze democratiche siriane”. La parola democrazia era molto apprezzata dal comando americano: “Ho pensato che fosse un colpo di genio mettere la democrazia lì da qualche parte; ha dato loro un po’ di credibilità (…) è stato concesso loro la legittimità necessaria per essere buoni partner per noi (…) così si è creato un buon inizio di legittimità, poi la diplomazia penserà come fare da un punto di vista statale o almeno da un punto di vista governativo in seguito”.
Quindi, non esiste nessuna “Siria libera” ma solo l’ombrello degli Stati Uniti — offerto al più disponibile — per poter “mettere gli stivali” nella Siria del nord, ricca di campi petroliferi.
Analogamente, significa che non esiste nella sostanza alcuna Syrian Democratic Force (Sdf) ma esistono solo i curdi che vogliono uno stato proprio, come in Turchia, In Iran, in Iraq. E gli Stati Uniti li hanno armati ed incoraggiati. A patto però che facessero la “comparsata” dei ribelli siriani moderati e democratici, tanto democratici da essere sponsorizzati e protetti dagli Stati Uniti.
Rimane una domanda: perché 100 soldati siriani sono stati uccisi?