Mentre alle Olimpiadi sudcoreane arriva la figlia Ivanka, Trump annuncia nuove sanzioni contro la Corea del Nord. Il presidente americano sembra voler intralciare il dialogo apertosi fra le due Coree, ma come dice Andrew Spannaus, giornalista e analista americano, “l’America ha prospettive ben più grandi della Corea del Sud, guarda oltre. Trump segue quella che è da sempre la sua tattica: mettere pressioni forti per poi sperare di andare al dialogo, è questa la diplomazia nell’era Trump”.



Spannaus, come mai in questo momento di timido disgelo fra le due Coree Trump annuncia nuove sanzioni contro Pyongyang? Non rischia di soffocare il processo di pace tra Nord e Sud?

Il processo di pace c’è ma è rocambolesco e non ben coordinato. E’ quello che si può definire “un processo di pace nell’era di Trump”.



Cioè?

La tattica generale di Trump è quella di mettere pressioni forti per poi sperare di andare verso la diplomazia. C’è stato il momento delle parole grosse, poi a un certo punto, in modo indiretto, è entrata in campo la diplomazia. Si può dire che tra le due Coree qualcosa in atto c’è, ci sono discussioni vere. E’ anche vero che con la Corea del Nord non si può mai dire quanto sia autentica diplomazia o propaganda, c’è un po’ di tutte e due le cose. Ma la possibilità di un dialogo fra le due Coree c’è e indirettamente anche con gli Usa.

Mike Pence si era offerto di incontrare il presidente nordcoreano alle Olimpiadi, ma non si è fatto nulla, come mai?



L’amministrazione americana non vuole andare veloce. L’incontro fra i due non è andato in porto perché Pence per parlare aveva posto delle condizioni, cioè il rinuncio da parte di Pyongyang al programma nucleare. La Corea del Nord ha risposto che se questo era l’atteggiamento non si poteva immaginare un incontro. Tutte e due le parti pongono delle condizioni prima di cominciare un dialogo e si finisce solo con un dialogo fra sordi. Si sta ancora scontando il periodo di minacce e di stato di guerra.

Si può dire che Trump ignori e intralci la Corea del Sud con la sua tattica?

Gli obbiettivi di Trump vanno oltre la Corea del Sud, non si mette al loro servizio. Si può ipotizzare una situazione “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, dove il buono è Seul e il cattivo è Washington. La Corea del sud vede delle aperture e cerca di sfruttarle cercando di portare gli Usa in questa posizione, ma la partita americana ha orizzonti più ampi, non si fermano a un progresso diplomatico sulla penisola.

In Siria invece gli Usa sostengono i curdi contro l’attacco dei turchi che sono alleati della Nato. Che cosa sta succedendo?

Succede quello che si è già visto negli ultimi due anni. Gli Usa hanno bisogno di mantenere alleanze che non lascino troppo spazio a Iran e Russia, che è il principale problema americano in quella zona. Dopo aver incoraggiato l’inizio della guerra finanziando i gruppi ribelli, e visto che la situazione era sfuggita di mano, Obama ha fatto fare il lavoro sporco a qualcun altro.

Russia e Iran?

Esattamente. Adesso l’Iran non ha intenzione di lasciare le posizioni conquistate mentre i russi chiedono loro di restare fino a quando non ci sarà un governo democraticamente eletto. Vediamo come gli Hezbollah hanno conquistato ormai un ruolo di primo piano in Siria e mettono radici occupandosi di servizi sociali e di controllo militare sul territorio. 

E i turchi?

I turchi non ci stanno al gioco americano, hanno paura dei curdi e sembrano essere disposti a sfidare gli Usa anche se c’è un dialogo sottobanco in atto. D’altro canto Ankara fa un gioco est-ovest: è alleata della Nato ma utilizza la vicinanza con i russi come un’arma nei confronti dell’occidente.

Per cui è tutto in sospeso, non ci sono possibilità di soluzioni?

Soluzioni non se ne vedono se non cercare di frenare i turchi, ma i turchi non si fermano. Bisognerebbe provare a congelare la situazione perché si rischia di andare verso un disastro totale, una vera terza guerra mondiale.

(Paolo Vites)