Erdogan viene in Italia per incontrare Papa Francesco, anzi, secondo l’ambasciatore turco presso la Santa Sede, proprio da Francesco è partito l’invito alla visita. L’incontro avrà come punto centrale l’iniziativa di Donald Trump di spostare a Gerusalemme l’ambasciata degli Stati Uniti, iniziativa nettamente criticata sia dal Papa che da Erdogan. Il presidente turco aveva già il 29 dicembre scorso chiamato Francesco per discutere l’argomento. I problemi connessi all’immigrazione e la situazione in Medio Oriente saranno altri argomenti di discussione.



La logica sottostante questo incontro non è peraltro del tutto evidente. Il Papa si è pronunciato in favore del mantenimento dell’attuale status quo della Città Santa, ma il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, rilevante ai fini della questione palestinese, di per sé non ha direttamente a che fare con lo status quo. Almeno fino a quando il governo israeliano non decida di revocarlo, ma se questo è il timore, di per sé non così astruso, l’incontro dovrebbe avvenire con Netanyahu, piuttosto che con Erdogan. Questo incontro si inserisce, al contrario, molto bene nella strategia del presidente turco definita, correttamente, neo-ottomana.



Il regime dello status quo per i Luoghi Santi delle tre religioni monoteistiche risale a disposizioni emanate a metà dell’Ottocento dal Sultano ottomano e ha finora, malgrado tutto, funzionato. Erdogan non può direttamente nulla su Gerusalemme, ma può trovare utile alla citata strategia presentarsi come suo garante in quanto “erede” dell’Impero ottomano, tanto più se appoggiato dal Pontefice. Per la Santa Sede, l’incontro si presenta meno semplice, non solo per la questione del genocidio armeno, che ha reso in passato molto freddi i rapporti con Ankara, ma per gli attacchi che la Turchia sta portando in Siria contro i curdi, operazioni che non facilitano la pace tanto invocata da Francesco.



Erdogan incontrerà anche il presidente Mattarella e il premier Gentiloni, con un’ampia agenda che va dall’economia all’industria della difesa, dal Medio Oriente alle relazioni con l’Ue, il terrorismo, l’immigrazione e, ancora, Gerusalemme. Un comunicato ufficiale turco recita: “L’Italia, nostro partner e alleato strategico con cui abbiamo relazioni eccellenti, è anche uno dei principali partner economici del nostro Paese. Il Presidente Erdogan incontrerà anche manager delle principali imprese italiane”.

I rapporti economici tra i due Paesi, si pensi al gasdotto Tap, rendono del tutto interessante la visita di Erdogan, senza tralasciare gli aspetti politici. La visita, infatti, si inserisce in un periodo piuttosto complicato delle relazioni tra Turchia e Ue, anche per la sostanziale cessazione delle trattative per l’entrata di Ankara nell’Unione. La questione di Cipro tuttora senza soluzione, le repressioni dopo il tentato colpo di stato e il continuo manifestarsi di caratteristiche autoritarie, l’attivismo bellico in Siria sono tutti ostacoli che si sono dimostrati essenziali.

All’Italia viene attribuita una posizione più “amichevole” rispetto ad altri Stati europei e ha comunque relazioni più dirette, per esempio geograficamente, con la Turchia. Un asse mediterraneo cui potrebbe aggiungersi la Francia di Macron, molto attiva in Medio Oriente: insomma, una specie di corollario al recente Trattato del Quirinale. Macron ha, per così dire, “tirato le orecchie” a Erdogan per la guerra ai curdi, vedremo se Mattarella e Gentiloni daranno al “sultano” almeno un buffetto.