Da quando è iniziata la guerra in Siria, nel 2011, Israele avrebbe compiuto almeno un centinaio di bombardamenti in territorio siriano, l’ultimo dei quali in questi giorni a Jamraya a nord di Damasco dove ufficialmente c’è un centro di ricerche scientifiche che si pensa sia usato in realtà per produrre armi chimiche. Come spiega l’inviato di guerra Fausto Biloslavo in questa intervista, “Israele non bombarda la Siria, ma agisce in maniera preventiva quando sospetta che il suo nemico, gli Hezbollah, possa ricevere armi da Damasco”. Si tratta, dice ancora, “di garantirsi la sicurezza, non è la prima volta che lo fanno e non sarà l’ultima”. Il tutto ovviamente con il tacito consenso di Stati Uniti e Europa. Il problema dell’uso di armi chimiche si collega ai recenti bombardamenti effettuati dall’esercito governativo nell’enclave di Eastern Goutha a poca distanza da Damasco, sin dal 2013 in mano ai ribelli. Qui nei giorni scorsi aerei siriani hanno bombardato facendo numerose vittime tra i civili, anche bambini. L’Onu ha chiesto ufficialmente una tregua per permettere un corridoio umanitario: “Ai ribelli fa comodo che ci siano civili, dall’Isis alle formazioni anti Assad hanno sempre fatto uso di scudi umani. L’uso di armi chimiche è tutto da dimostrare, in ogni caso ne fanno tranquillamente uso anche i ribelli come è stato dimostrato più volte”.



Questo nuovo bombardamento israeliano sulla Siria, negato da Gerusalemme, ha secondo lei una importanza particolare o è “normale amministrazione”?

Israele è da anni che bombarda la Siria ogni qual volta individua un possibile pericolo strategico, che siano colonne di Hezbollah o depositi di armi che potrebbero andare nelle loro mani. Non lo fa per colpire i siriani ma per garantirsi la sicurezza, il rischio di un conflitto tra Hezbollah e Israele è sempre concreto. Dunque questo ultimo bombardamento non è una novità. Gli israeliani lo hanno sempre fatto e continueranno a farlo.



Pare sia stato colpito un centro di produzione di armi chimiche, che Damasco starebbe usando per stanare i ribelli dall’enclave di Eastern Goutha vicino a Damasco ancora nelle loro mani. E’ veritiero?

Questa zona è un’enclave dei ribelli fin dall’inizio della guerra. Adesso, dopo che Damasco ha dichiarato la vittoria e ha ripreso gran parte del territorio, è ovvio che queste sacche di ribelli andranno in qualche maniera riprese e normalizzate. I ribelli non si arrenderanno facilmente, visto che in tal caso finirebbero nelle carceri siriane dove si sa che l’ambiente non è dei migliori.



In questa sacca però vivono circa 400mila civili, l’Onu chiede una tregua per creare un corridoio umanitario. Ancora una volta si accusa Damasco mentre sappiamo per esperienza quanto ai ribelli islamisti faccia comodo avere civili come scudi umani, o no?

A Goutha ci sono massacri continui veri o presunti dovuti a questa situazione. Il problema delle armi chimiche che poi sarebbero bombe al cloro, le armi chimiche dei poveri, un’arma molto rudimentale, è che vengono usate da tutti. Questo perché la Siria aveva uno dei maggiori arsenali di armi chimiche al mondo, in parte distrutto quando ci fu la minaccia americana di bombardamenti, in parte rimasto intatto. L’Isis le ha usate per combattere le formazioni di al Qaeda, i ribelli le hanno sempre usate tranquillamente. Le usano tutti insomma, anche Damasco.

Di fatto però dai toni usati dall’Onu sembra che, ancora una volta, la colpa di tutto sia del regime di Assad.

Ovvio: se usi la gente come scudi umani e l’altra parte li uccide, è facile dare la colpa a Damasco. Il regime comunque non si fa problemi e quando bombarda, colpisce tutti, ribelli e civili.

Lo scorso weekend è stato abbattuto un jet russo in un’altra zona ancora controllata dai ribelli, vicino a Idlib. Putin però aveva annunciato il ritiro completo de suoi soldati, vuol dire che invece ce ne sono ancora?

In minima parte, rispetto a un anno fa; ma ci sono ancora ci sono jet, elicotteri e bombardieri. La cosa che colpisce di questo episodio è che è già il secondo caso di un ufficiale russo caduto dietro le linee che piuttosto che farsi catturare si uccide. Non è una cosa usuale, questo fa capire a che livello è lo scontro. Sembra che i piloti russi siano addestrati quasi come dei kamikaze e questo desta molta impressione, perché non accade in nessun esercito moderno.