Chi pensava che la guerra in Siria fosse finita con la sconfitta del’Isis, si sbagliava. Distrutto o quasi lo stato islamico, adesso sta scoppiando la seconda guerra di Siria, come ci ha spiegato il generale Marco Bertolini, ex comandante del Coi, con all’attivo missioni dal Libano ai Balcani all’Afghanistan: “Di fatto la Siria è adesso scenario di una nuova guerra, che vede in campo diverse nazioni con l’obbiettivo di dividere il paese. Da una parte gli americani che vogliono creare una Siria curda soprattutto perché quella zona è ricca di giacimenti petroliferi; dall’altra i turchi che stanno invadendo i territori curdi vicino al loro confine e poi Israele che continua a bombardare i dintorni di Damasco per occupare una zona che allontani gli Hezbollah dalle alture del Golan. Infine l’esercito governativo che cerca di liberare le ultime zone del paese in mano ai terroristi”. E’ in questo senso che va inquadrato il bombardamento americano che ha fatto oltre cento morti tra le truppe fedeli ad Assad intente a liberare un territorio non lontano da Damasco ancora in mano ai ribelli. In questo modo, gli Stati Uniti per i loro interessi difendono ancora una volta i terroristi: “Abbiamo fermato l’attacco del regime contro i nostri alleati”. Come ci ha spiegato ancora il generale Bertolini, “quando si tratta dei propri interessi gli americani non guardano in faccia nessuno. La loro politica estera non cambia se alla Casa Bianca ci sono democratici o repubblicani”. 



Generale, che giudizio dà di questo attacco americano inaspettato contro Assad?

Lo ritengo sbagliato. In Siria oggi non ci sono solo due parti che si combattono. Ci sono i terroristi, i siriani governativi che combattono i terroristi, poi c’è una terza parte che sostiene la Free Syrian Army dove però da tempo sono confluiti personaggi che hanno operato nell’area di al Qaeda e che sono contro Assad. Questa parte, sostenuta dagli Usa, controlla una zona particolare vicino al confine con la Giordania, dove c’è anche una base americana che consente di collegare Baghdad a Damasco.



In sostanza, gli americani sostengono i terroristi, è così?

Gli americani quando devono scegliere tra Assad e i terroristi non scelgono Assad, e questo lo fanno gli americani e anche gli israeliani.

Che proprio pochi giorni fa hanno bombardato depositi di armi che si dicono chimiche vicino a Damasco.

Gli israeliani è dall’inizio della guerra che intervengono contro i siriani colpendoli a Damasco. Il loro progetto è ampliare l’area a ridosso delle alture del Golan per avere una zona in territorio siriano sgombra da Hezbollah e siriani. E’ una guerra sporca.

Sembrava che Trump avesse una politica verso la Siria diversa da quella di Obama che ha sempre sostenuto i terroristi, invece non è così.



Io speravo non finisse così ma in un certo senso me lo aspettavo.

Perché?

La politica estera americana non cambia con chi è al governo, ricordiamo che la guerra in Kosovo è stata iniziata da un democratico, Bill Clinton, che ha fatto bombardare il legittimo governo serbo per sottrargli il Kosovo. L’America ha una sua politica imperiale che non guarda in faccia nessuno, guarda solo agli interessi dei suoi alleati. Trump sicuramente si presentava con un programma diverso, aveva detto che non era Assad il suo problema, sembrava che potesse rimanere al governo. In realtà l’establishment americano ha la capacità di imporre anche alla politica la continuità imperialista e Trump non ha bisogno di altri nemici da aggiungere a quanti ne ha già.

L’attacco americano può essere stato dettato anche dalla presenza russa in Siria?

La presenza russa in Siria è tale perché richiesta dal governo a differenza degli americani che non li ha chiamati nessuno. Gli Usa non vogliono la presenza di Putin nel Mediterraneo, quando hanno potuto fare qualcosa per impedirlo lo hanno fatto.

Ad esempio?

Quando Erdogan abbatté l’aereo russo lo fece perché obbediva agli americani. Sono sempre stati estremamente attenti a fare di tutto per impedire ai russi di riguadagnare la posizione nel Mediterraneo che avevano in passato. Lo fanno in Siria dove per i russi è fondamentale avere il controllo di alcuni porti e lo fanno in Ucraina dove c’è la sede della flotta in Crimea. Teatri lontani ma in realtà l’aspetto del contrasto russo-americano li rende connessi.

(Paolo Vites)