“Tillerson, you’re fired”, sei fuori, come nella tradizione che Donald Trump, memore del reality che conduceva in tv, sembra aver adottato come suo metodo di governo, licenziare chi non fa quello che vuole lui. Da James Comey, capo dell’Fbi, a Steve Bannon e altri personaggi minori, è una lunga sequenza che adesso tocca quello che era forse il suo miglior collaboratore, Rex Tillerson, nonché responsabile del più importante dipartimento, quello degli esteri. Apparentemente il licenziamento è da attribuirsi a contrasti sull’appoggio dato da Tillerson a Theresa May nel caso dell’ex spia russa uccisa a Londra, le accuse nei confronti di Mosca, cosa che Trump non avrebbe gradito. Ma tra i due non è mai corso buon sangue: ricordiamo l’episodio, poi smentito, in cui Tillerson diede del c…ne al presidente. Soprattutto, ci spiega Carlo Jean, a Trump dava fastidio l’apertura al dialogo e al multilateralismo di Tillerson. 



Tillerson è l’ultima “vittima” di Trump: secondo lei c’era da aspettarselo?

Sicuramente, i due non sono mai andati d’accordo. Tillerson nasce come uomo d’affari fino a diventare Ceo della compagnia petrolifera Exxon. Un uomo di affari dunque, abituato al compromesso, alla mediazione, a concludere accordi là dove essi siano vantaggiosi. Trump ha invece ereditato la sua fortuna, non se l’è costruita da solo, e quindi è più portato a essere autoritario, a vedere qualsiasi contrasto come una offesa personale.



Dove sta andando la sua amministrazione con tutti questi licenziamenti? Verso un modello autoritario, un potere centralista?

Sì, sta andando verso un accentramento di fatto anche perché Trump non è bilanciato dal suo stesso partito, i repubblicani. Cerca invece di imporsi sempre anche in modo brutale sul congresso e anche sul suo stesso partito rischiandone la scissione.

Verrà a mancare adesso un elemento moderato che poteva essere quel bilanciamento di cui ha bisogno Trump?

Il grosso contrasto fra i due era che Tillerson vedeva come essenziale per la forza degli Usa il fatto che siano sì forti, ma non soli come invece sembra voglia Trump, vedi il caso dell’acciaio, dell’alluminio, le polemiche con la Cina.



Intende la nuova polemica sulla decisione di imporre dazi sulle importazioni?

Esatto, la minaccia di mettere dazi sulle automobili provocherà una reazione molto dura della Germania. A Trump per adesso sta andando bene dato che stati come Germania e Italia sono privi di una politica chiara, mentre la Francia è toccata solo parzialmente dai dazi. La Germania invece verrà toccata duramente e ci sarà una risposta molto forte. 

Al posto di Tillerson arriva l’attuale direttore della Cia, Mike Pompeo, uno che è l’opposto di Tillerson, molto meno moderato di lui.

Pompeo è perfettamente allineato con Trump, ad esempio sulla decisione di rivedere l’accordo sul nucleare con l’Iran, mentre Tillerson era per non rompere, sopratutto con gli alleati europei. 

Che cosa comporterà questa svolta? Un maggiore isolazionismo degli Stati Uniti?

Comporterà molti problemi, il prossimo a saltare sarà sicuramente James Mattis, capo del Pentagono sempre stato in linea con Tillerson specie sul multilateralismo economico che tiene insieme le alleanze, che a loro volta sono uno degli elementi di forza degli Usa, non solo in Europa, ma anche nel Pacifico. Isolazionismo fino a un certo punto però, perché gli Stati Uniti non possono permetterselo più di tanto.