La realtà va oltre l’immaginazione. Un tempo si scoprì che Sir Anthony Blunt era l’ultimo dei temibili astutissimi devotissimi all’Urss dei cinque di Cambridge. I famosi cinque avevano tenuto in scacco l’MI5 per circa un paio di decenni. Appartenevano alla classe dirigente dell’impero ed erano una meravigliosa schiatta di gentiluomini con una sprezzatura aristocratica che solo pochi nobili italiani generalmente piemontesi, liguri oppure anglonapoletani possedevano. Taluni di loro erano spie per diritto ereditario come il di loro più famoso, Kim Philby, figlio di un grande esploratore e studioso del mondo arabo a cui rimarrà sempre fedele.



Il loro capo era un grande economista marxista che io ho il privilegio di avere conosciuto: io con i pantaloni corti, lui in forse per diventare Sir. Bene, le spie sono sempre esistite e le scuole di intelligence inglese e russa hanno incrociato le spade in un conflitto che inizia ben prima della guerra civile europea, ma che certo con la Guerra fredda giunge alla sua acme.



Gli Stati Uniti e tutti gli altri non riusciranno mai a creare il mito di se stessi. Solo noi italiani siamo stati alla pari di queste due grandi scuole di onore militare e patriottico. Sì, perché la mecca, ossia l’Urss, era una vera e propria patria, bastava crederci. Ma l’arcano di tutto ciò era il segreto, anche quando si catturano le spie. Quando Sir Blunt fu catturato non lo si processò. Lui, baronetto e consulente di casa reale, con i suoi libri sull’amato Poussin, di cui era studioso di fama mondiale, fu rinchiuso in una villa nel Lancashire e lasciato morire. John Belville scrisse un romanzo meraviglioso su di lui.



Ora è scoppiata una bomba atomica che ha distrutto l’essenza stessa delle relazioni internazionali: il segreto, il negare l’esistente. Le spie muoiono, cadono, si incarcerano, ma tutto è avvolto nel silenzio. Si fa sapere di loro solo ciò che serve nel mondo di mezzo, laddove si recita sul palco poliarchico della rappresentazione diplomatica e politica. Con il caso russo-inglese della morte delle spie russe doppiogiochiste, o meglio della spia russa confessa con figlia avvelenata, si è passato lo specchio del mondo di Alice nel paese delle meraviglie. Se ne parla in parlamento a Westminster e alla Duma, ma anche in Europa, dove un polacco eletto presidente di un’istituzione europea invia un tweet alla sconsiderata May, la quale esterna in Parlamento. Crolla un mondo e io son sicuro che non serve a nulla e a nessuno, è un nuovo spezzone del tramonto dell’Occidente, ossia della ragion di stato che è l’essenza della civilizzazione.

Gli Usa, ahimè, non sono da meno: nominano capo della Cia una soave signora che usava i metodi sperimentati nei secoli della tortura. E lo si dice, ossia si permette che lo si dica… incredibile, non c’è una ragione, ma solo una disgregazione lenta, inarrestabile, terribile, senza fine. È un viaggio al termine della notte. Al di là solo il disordine e Behemoth, il mostro biblico di Hobbes che scarnifica, ferisce e non ha regola alcuna.