Nel giorno in cui il titolo di Facebook subisce una pesante perdita a Wall Street e il suo fondatore, Mark Zuckerberg, finisce nell’occhio del ciclone per il furto di oltre 50 milioni di profili da parte di Cambridge Analytica di cui non avrebbe parlato in precedenza, l’indagine sullo scandalo dei big data che potrebbero aver influenzato l’esito delle ultime elezioni presidenziali americane e il referendum britannico sulla Brexit segna un passo in avanti. Alexandr Kogan, il data scientist nonché docente di Psicologia di origini russe che si era occupato della raccolta dei suddetti dati, ha spiegato di essere pronto a dare la sua testimonianza davanti al Congresso a stelle e strisce. Accusato da Alexander Nix, numero uno di Cambridge Analytica, di essere l’unico responsabile dello scandalo relativo al furto dei profili dalla piattaforma di Facebook, Kogan ha dato la sua disponibilità a parlare del lavoro svolto per la compagnia con gli uomini dell’FBI che seguono l’inchiesta, precisando di non essere affatto una spia come lo si accusa da più parti. “Penso che abbiano capito che non sono una spia, ma se qualcuno (riferendosi alla stessa FBI, al Congresso degli Stati Uniti e al Parlamento del Regno Unito, NdR) ne è convinto, sarò ben felice di testimoniare e di parlare apertamente del progetto” avrebbe scritto Kogan in una email inviata a dei suoi colleghi lo scorso weekend e del cui contenuto è venuta a conoscenza l’emittente statunitense CNN. (agg. di R. G. Flore)



FACEBOOK CROLLA A WALL STREET: BRUCIATI 25 MILIARDI DI DOLLARI

A seguito del coinvolgimento anche di Facebook nello scandalo legato a Cambridge Analytica (la società privata specializzata nella consulenza per il marketing online e l’analisi delle strategie di comunicazione in relazione ai processi elettorali che avrebbe rubato milioni di profili sul social per influenzare le elezioni presidenziali americana e anche il voto britannico sulla Brexit), la piattaforma di Mark Zuckerberg è finita nuovamente nel mirino perché sospettata di omissioni nel denunciare nel denunciare il suddetto furto: e la giornata di oggi in borsa di Facebook è stata una delle più nere della sua storia, perdendo a Wall Street il 5,20% e bruciando quasi 25 miliardi di dollari, fino a crollare a -7,50%. Insomma, un durissimo colpo a cui fanno seguito le critiche di alcuni analisti proprio della Borsa americana e di esperti del settore che, su alcuni media statunitensi, oggi spiegano che il caso mette ancora una volta in evidenza i “problemi sistemici e le falle del modello di business di Facebook”. Secondo Brian Weiser, analista di Wall Street intervistato sulle colonne dell’Independent, il rischio potrebbe intensificarsi in futuro e l’utilizzo dei dati degli utenti con finalità di “advertising” costituirà sempre di più un rischio: a suo dire, al momento la vicenda non avrà grandi ricadute su Facebook ma certamente porrà quello che lui chiama un altro “black eye” sulla compagnia, dopo gli scandali che già l’hanno investita negli ultimi due anni. (agg. di R. G. Flore)



UK, “PRESTO INDAGINI PER VERIFICARE COINVOLGIMENTI”

Manca la “prova finale” – nonché quella più importante – secondo cui lo scandalo del furto di Big Data su Facebook avrebbe portato Trump a vincere le Elezioni e i “Leave” a trionfare nel referendum Brexit: su quella prova però indaga la comunità internazionale e i governi stessi dei Paesi coinvolti, eppure con Cambridge Analytica oggi Facebook ha perso e non poco a Wall Street travolto dalle polemiche. Pesante il calo in Borsa dopo l’inchiesta lanciata dal Guardian e dal New York Times che dimostrerebbero l’utilizzo di 50milioni di profili degli elettori americani e inglesi utilizzati dalla società che analizza dati personali per fini elettorali. La senatrice democratica del Minnesota Amy Klobuchar sabato sera ha chiesto che Mark Zuckerberg venga ascoltato dalla Commissione Giustizia del Senato: dovrebbe spiegare, per i gruppi dem, «da quando la società sapeva degli abusi che Cambridge Analytica avrebbe commesso mentre era il motore della vittoriosa campagna elettorale di Donald Trump nel 2016», si legge sui media Usa. Downing Street, la sede della premier Uk Theresa May, ha annunciato che sono scattate le indagini per verificare eventuali coinvolgimenti: quello che è certo è che per ora manca ancora la “prova finale”, ma non per questo allora le indagini non devono (giustamente) scattare a livello mondiale. (agg. di Niccolò Magnani)



SCANDALO BIG DATA INFLUENZÒ ANCHE LA BREXIT?

Dopo l’inchiesta che ha messo in luce come la società Cambridge Analytica sia riuscita ad ottenere in modo illecito i profili Facebook di 50 milioni di elettori americani utilizzandoli per influenzare il voto, l’attenzione si è spostata sul partito politico italiano che avrebbe aiutato un aiuto da parte della società, con tutti gli interrogativi che ne conseguono. Oltre alla campagna elettorale di Trump, inoltre, la Cambridge Analytica avrebbe influenzato anche i risultati del referendum britannico sulla Brexit e quelli delle elezioni per la corsa all’Eliseo di Marine Le Pen. Sul sito della società si citano oltre cento campagne elettorali in cinque continenti in 25 anni e proprio in questi documenti, come spiega Libero Quotidiano, sarebbe coinvolta anche l’Italia. “Nel 2012, CA ha realizzato un progetto per un partito italiano che stava rinascendo e che aveva avuto successo per l’ultima volta negli anni ’80”, si legge. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

SPIÒ GLI ELETTORI AMERICANI SU FACEBOOK: L’INCHIESTA

Cambridge Analytica, la nota società di analisi dati è finita nella bufera in seguito all’accusa di aver rubato profili Facebook di 50 milioni di elettori ed aver impiegato informazioni riservate per influenzare le elezioni presidenziali americane in favore di Trump oltre che i risultati della Brexit. Come spiega Il Fatto Quotidiano, all’epoca dei fatti la società di proprietà del miliardario Robert Mercel vedeva anche Steve Bannon tra i vertici. Si tratta di una figura strettamente connessa al presidente Usa, Donald Trump in quanto suo consigliere personale nonché stratega della sua campagna elettorale. A svelare cosa potrebbe celarsi dietro la società inglese Cambridge Analytica, da tanti ritenuta una sorta di Grande Fratello di orwelliana memoria, come riporta Repubblica.it è stata un’inchiesta dell’Observer e del New York Times grazie ad alcune confessioni di un ex dipendente della stessa società. A confermare quelle che inizialmente sembravano essere delle mere indiscrezioni e voci è stato ora Facebook che nelle passate ore ha deciso di sospendere l’account ufficiale di Cambridge Analytica, accusata di aver “ingannato” il social network di Zuckerberg e violato le politiche relative alla gestione dei dati degli stessi utenti. Ora, la faccenda piuttosto intricata rischia di finire in tribunale con conseguenze che potrebbero riguardare da vicino anche la Casa Bianca.

IL COINVOLGIMENTO CON L’ITALIA E IL LAVORO SU FACEBOOK

La vicenda legata alla Cambridge Analytica potrebbe ora coinvolgere anche il nostro Paese poiché la medesima società ha affermato sul proprio sito ufficiale di essere stata ingaggiata dall’Italia nel 2012. A farlo sarebbe stato un “partito italiano che vanta i suoi ultimi successi negli anni ’80”. Grazie all’intervento della Cambridge Analytica il suddetto partito avrebbe ottenuto dei risultati eccellenti, ben oltre le aspettative. Lo stesso Alexander Nix, l’ad di Cambridge Analytica, raggiunto un anno fa dal quotidiano Repubblica aveva confermato di aver lavorato con politici italiani sebbene non avesse voluto avanzare alcun nome. Intanto oggi emergono le rivelazioni dell’ex dipendente, Christopher Wylie, che all’Observer ha spiegato senza mezzi termini come operava l’azienda tramite Facebook e quale era il fine ultimo. “Abbiamo sfruttato Facebook per raccogliere i profili di milioni di persone. E abbiamo costruito modelli per sfruttare quello che sapevamo su di loro e per prendere di mira i loro demoni interiori”, ha rivelato. Solo nel 2015 il social network aveva scoperto il furto dei dati di molti utenti ma si limitò ad adottare alcune misure per proteggere le informazioni degli utenti vittime, senza metterli al corrente.