Ieri sera la notizia dell’intesa preliminare fra Gran Bretagna e Ue su Brexit aveva poca evidenza sul sito del Financial Times: non era evidentemente una buona notizia per la City e comunque era meno importante dell’alzata di scudi di Londra — in tandem con Washington — contro Facebook sull’affaire Cambridge Analytica. In realtà i due passaggi hanno più di qualcosa in comune: la volontà di Bruxelles (cioè di Parigi e Berlino) e del governo di Sua Maestà di dare un segnale di relativa unità di fronte alla rielezione di Vladimir Putin a Mosca e fors’anche contro l’infida America di Donald Trump.
Nell’immediato, un buon accordo fra le due sponde della Manica sul traumatico disaccordo sancito dal referendum del giugno 2016 significa anzitutto che Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno “comprato” quasi tre anni di tempo per rimettere “en marche” l’Europa: e questo ad horas dopo il primo summit “carolingio” subito seguito al faticoso insediamento del nuovo governo tedesco. Né è sorprendente la delusione della City. La debolezza del governo May sembrava al limite e non erano pochi coloro che pronosticavano — o attendevano — un suo collasso per riaprire possibilmente i giochi su Brexit: ad esempio con l’indizione di un referendum-bis.
Come Margaret Thatcher sulle Falkland nel 1982, anche la seconda premier britannica della storia è stata pronta ad usare la sponda geopolitica offerta dal caso Skripal. L’escalation mediatica e diplomatica fra Gran Bretagna e Russia sull’avvelenamento dell’ex spia russa è costata il posto anche al segretario di stato Usa Rex Tillerson, costringendo Trump a far mostra di un po’ di anti-putinismo. Anche il presidente americano, tuttavia, può trarre qualche beneficio tattico dal “serrate le fila” del vecchio Occidente verso il nuovo zar (e anche contro il nuovo “imperatore” cinese Xi). Il pre-accordo post-Brexit è un momento di questa dinamica geopolitica: al netto dei nuovi muri doganali in costruzione nell’Atlantico, consente a molti attori di prendere tempo. Fino a tutto il 2020, la Manica rimarrà aperta in una situazione stabilizzata e tutti potranno dedicarsi a problemi più urgenti rispetto all’incidente Brexit. La Ue in particolare vuole ricostruirsi “a due velocità”: con i paesi centro-orientali sganciati da un’eurozona più compatta. L’Italia è stata avvertita (da Merkel e Macron) a cose quasi fatte: fra il commissario Barnier e il governo May.