Dopo il fermo dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, la Procura francese ha 48 ore di tempo per decidere di incriminarlo e quindi portarlo a processo. Una vicenda vaga e confusa, le cui prime indagini si sono aperte nel 2013, quando sono state raccolte diverse prove e testimonianze a sostegno della tesi che parte della campagna elettorale presidenziale del 2007 di Sarkozy fosse stata finanziata con soldi di Gheddafi. Secondo Francesco De Remigis, inviato in Francia per varie testate, “a Sarkozy, dal punto di vista personale, non viene contestato nulla, si tratta però di chiarire se questo finanziamento corrisponda, come sostiene l’accusa, a corruzione e complicità nell’appropriazione di fondi pubblici libici a suo favore”. Ma che collegamento c’è tra questa vicenda e la guerra a Gheddafi fortemente voluta dallo stesso Sarkozy? In che modo quella vicenda va riletta alla luce di questa indagine?
De Remigis, questa inchiesta parte da lontano per arrivare dopo anni a una svolta clamorosa, il fermo di Sarkozy. Che elementi hanno portato a questa svolta?
L’intera vicenda ha diversi step di indagine. In questi anni sono emersi personaggi che hanno contribuito a creare le prove che potrebbero portare Sarkozy in tribunale e incriminarlo. Ma soprattutto si potrebbero configurare gli estremi di una guerra privata di Sarkozy dietro l’operazione in Libia, specialmente nella decisione di eliminare Gheddafi.
Quali personaggi?
Si tratta di personaggi discutibili, diversi ex dignitari del regime di Gheddafi si sono resi disponibili a collaborare con la magistratura francese consegnando nuove prove.
Ad esempio?
Il primo è l’intermediario libico che afferma di aver portato i 5 milioni di euro in contanti tra la fine del 2006 e il gennaio 2007 a Parigi, vicenda già ricostruita dalla Procura. Il secondo step è quello relativo all’ex direttore dell’intelligence militare di Gheddafi, che nel 2012 parla al procuratore francese del finanziamento; infine, un ex ministro del Petrolio libico morto in circostanze misteriose nello stesso anno in cui lascia un diario con cifre, nomi e cognomi legati a questi presunti finanziamenti. Per la procura francese si tratta di veri e propri libri paga, da cui emergerebbero indizi gravi che lasciano intendere si tratti di corruzione e appropriazione di fondi pubblici in Libia a favore di Sarkozy.
Dai ruoli dei personaggi citati, sembrerebbe una vendetta da parte dei funzionari del regime di Gheddafi, eliminato proprio da Sarkozy. Ma, soprattutto, perché l’ex presidente francese si era rivolto alla Libia per avere aiuti economici?
Sarkozy non ha mai chiesto personalmente soldi, in base a quello che sappiamo. Nell’inchiesta si parla di un intermediario francese, Claude Guéant, all’epoca braccio destro di Sarkozy e poi anche ministro del suo governo, che avrebbe trattato con il regime libico.
Si può dire, allora, che fu un tentativo di Gheddafi di farsi amico Sarkozy prima della sua probabile vittoria elettorale?
Gheddafi ha sempre cercato di mantenere buoni rapporti con i governi dei Paesi del Mediterraneo, ma anche la Francia aveva tutto l’interesse a creare una partnership privilegiata con un Paese verso cui aveva forti interessi economici e politici.
Nel 2011 si arriva alla guerra fortemente voluta da Sarkozy. Gheddafi, allora, commentò che “prima gli avrebbe dovuto restituire i soldi che gli aveva dato”. Come mai Sarkozy decide una pesante azione militare contro di lui dopo l’aiuto ricevuto?
Sarkozy è sempre stato un politico astuto nel leggere gli avvenimenti intorno a lui, in Francia e soprattutto all’estero. Quando nel 2011 vede che il regime di Gheddafi sta andando in pezzi, chiude un cerchio a favore della Francia, non certo per l’Europa.
In che senso?
Secondo Sarkozy, in quel Paese poteva agire solo la Francia in modo unilaterale, anche se poi viene coinvolta la comunità internazionale. Gli interessi di natura politica, economica e anche militare che sempre la Francia ha avuto per la Libia lo portano ad abbandonare quella partnership, tutt’altro che limpida, che aveva costruito con Gheddafi.
A danno soprattutto dell’Italia, che con Berlusconi si oppose a una guerra contro Gheddafi. È così?
L’Italia ha sempre avuto con la Libia un rapporto limpido, anche se mai ufficializzato, fatto di reciproci favori, amicizia e ospitalità. La Francia si trovava dietro di noi e voleva a tutti i costi assumere un ruolo predominante.
Si può dire che esiste un filo rosso che collega la vicenda dei finanziamenti alla guerra? Nel senso di una ricerca di egemonia francese sulla Libia, prima in modo pacifico e poi militare?
Non di egemonia assoluta, ma sicuramente la Francia ha sempre cercato di ottenere un ruolo primario in un’area in cui sappiamo che l’Italia era più radicata dal punto di vista storico e anche tramite recenti accordi formali, mentre la Francia risultava in secondo piano. Gli interessi economici ed energetici sono sempre andati di pari passo con l’avanzata del settore energetico francese, che voleva riposizionarsi sullo scacchiere del Maghreb.
E adesso? Nel caso Sarkozy finisca sotto processo cambierà qualcosa?
A livello geopolitico il processo non cambierà nulla, però la presenza francese a livello energetico in Africa non è concentrata solo in Libia, anzi. Anche Macron promuove la presenza militare con obbiettivi economici, ad esempio in Mali, dove ha strenuamente sostenuto la presenza francese. L’Africa occidentale è sempre stata zona in cui la Francia vuole essere presente in modo pacifico dove è possibile e in modo economico e politico laddove pensa e tenta ancora di fare oggi.
(Paolo Vites)