Ha già scontato tre mesi di carcere, Ahed Tamimi, la ragazzina di 17 anni palestinese arrestata a dicembre dopo aver dato uno schiaffo e una spinta a un soldato israeliano nel villaggio di Nabi Saleh in Cisgiordania, territorio palestinese occupato dall’esercito di Gerusalemme dopo la guerra del 1967. Era cioè a casa sua, nei suoi territori Ahed, quando dei soldati israeliani si sono piazzati come fatto altre numerose volte davanti alla sua abitazione, una famiglia che da tempo è il punto di riferimento di quanti protestano contro l’occupazione israeliana, la famiglia Tamini. I soldati non sono entrati in casa, erano lì per controllare le attività della famiglia e pressarla dal punto di vista psicologico quando la giovane in un impeto di rabbia ne ha schiaffeggiato uno spintonandolo per allontanarlo. E’ scattato immediato l’arresto: in quel villaggio su 600 abitanti 260 si trovano in carcere e 44 sono minorenni. Come Ahed trattenuta in prigione fino ad adesso quando dopo il processo è scattata la condanna: altri otto mesi di prigione che così diventeranno 11 mesi di detenzione per uno schiaffo.



AHED TAMIMI, LA RAGAZZA SIMBOLO DELLA RESISTENZA PATTEGGIA

L’ufficio del procuratore militare ha fatto cadere otto delle dodici accuse (cerchiamo di capire quali possano essere dodici capi di imputazione per uno schiaffo e una spinta, forse gli israeliani hanno aggiunto anche l’attacco armato a forze militari?). La ragazza in questi mesi è diventata una icona della resistenza alla brutale occupazione israeliana che non risparmia le violenze fisiche a chiunque protesti, definiti dall’Unicef maltrattamenti “istituzionalizzati”: arresti notturni, isolamento, minacce, abuso verbale e spesso anche fisico. Va detto che i soldati israeliani nel caso di Ahed non avevano reagito, ma il filmato fatto dalla madre della ragazzina è diventato molto popolare e quindi è scattato l’arresto. Al processo Ahed si è dichiarata colpevole perché non poteva difendersi in conformità con lo stato di diritto.

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