NEW YORK — Camminiamo in silenzio. Abbiamo sempre camminato in silenzio da quel 5 aprile 1996 quando per la prima volta seguimmo la croce di Nostro Signore sul Ponte di Brooklyn. Si cammina e quando ci si ferma si ascolta: si ascolta il coro che prega cantando, si ascolta il Vangelo, si ascoltano le parole di papa Francesco, don Giussani, Péguy, Milosz, le riflessioni di Fr. Richard Veras stazione dopo stazione. In silenzio, circondati dal clamore di New York e dall’assedio della distrazione. In silenzio con lo sguardo fisso a quella croce, così che ad ogni passo quel dolore innocente possa liberarci da ciò che è superfluo, nei pensieri, nelle parole, nel nostro fare. In silenzio ma insieme. 



Oggi mi è venuto questo pensiero quando ad un tratto mi sono accorto che qualcuno da quel lungo fiume di umanità che stava attraversando il ponte aveva intonato il rosario. Anche se è durato molto poco, mi ha colpito. Forse che non si può? Certo che si può. Eppure il silenzio, il temuto messaggero del nostro horror vacui, senza che nessuno dicesse niente a nessuno si è subito ripreso la Via Crucis. Perché non c’è nulla di vuoto in quel gesto. Tutto è riempito dall’Amore di Gesù. 



Capisco che possa suonare strano. Faccio fatica io stesso a scriverlo, ma forse lo capisco un pochino più di tanti anni fa. Poco di più, ma abbastanza per guardare i volti attorno a me e riconoscere che stare ai piedi di quella croce ha generato e genera la vita mia e con essa comunione e storia. In silenzio e insieme, con quella manciata di compagni della prima ora e le altre migliaia che si sono aggiunti nel tempo. Tutti in silenzio, tutti ai piedi della croce, ognuno faccia a faccia col Mistero, ma mai soli. 

E poi ci sono quelli che Gesù ha già raccolto a sé e che ci guardano dal cielo. Come Frank che diceva sempre “non sono io che porto la croce, è la croce che porta me”. Quella croce di legno la seguiamo nel cuore di New York City perché è per tutto il mondo, porta tutto il mondo, porta l’amore infinito che si dona al nostro infinito bisogno. La seguiamo in silenzio e lo facciamo insieme perché il cuore di ciascuno di noi non scappi via per paura di scoprirsi povero e bisognoso. Un cuore povero non si stanca mai di seguirla quella croce. Magari ventidue anni dopo le ginocchia scricchiolano e la schiena duole, ma anche questo in fondo aiuta ad esserci sul serio. Non ci si stanca neanche di prepararlo con cura, questo momento che cosi tanti aspettano e che Santa Romana Chiesa continua ad abbracciare ed incoraggiare con la presenza e le parole dei suoi Pastori. Bishop Di Marzio, che ci ricorda quanto dolore innocente e quanta persecuzione ci siano in questo mondo, e Cardinal Dolan che ci invita a riconoscere l’esperienza della croce nella quotidianità della vita. 



La nostra “Way of the Cross over the Brooklyn Bridge” è fatta con cura perché è un riflesso dell’amore che viene da quella croce. Le letture, i canti, l’anima che ci mette Fr. Rich nell’aiutarci a stare davanti al sacrificio di Gesù e al volto del Padre, il paziente lavoro del servizio d’ordine, il libretto e le “cards” che tutti ricevono. Tutto “bello”, certamente ancora più bello in una giornata cupa e piovosa come questa. Tutto riflesso della Bellezza che ci attende nella Pasqua di Resurrezione. Ma per arrivarci il cammino è questo, la via della croce, e va percorso fino in fondo.

In silenzio, insieme.

Buona Pasqua!