Non si può che definire una sonora sconfitta quella relativa al referendum “No Billang”, fortemente voluto dalle sezioni giovanili di due partiti di destra (Unione democratica di centro e Partito liberale radicale) che auspicavano nell’abolizione del canone tv. Una tassa in meno in nome del libero mercato, stando ai loro intenti, sebbene il 71,6% dei votanti abbia deciso di salvare l’emittente di Stato. In caso di “Sì”, infatti, la Svizzera avrebbe rappresentato il primo Paese europeo ad abolire il servizio pubblico radio televisivo. A schierarsi in modo totalmente contrario all’iniziativa ribattezzata No Billag (dal nome della società che riscuote la tassa sul canone tv) era stato il governo di Berna che aveva invitato i cittadini a votare per il No. E così è stato: il risultato finale si è rivelato addirittura superiore rispetto ai pronostici iniziali. Per i promotori del referendum il canone rappresenta ormai un sistema superato nell’era di internet e delle pay tv ed i cittadini dovrebbero pagare solo per ciò che effettivamente consumano. Nonostante la sconfitta, il commento della deputata dell’Udc Natalie Rickli è stato cauto: “Non ho mai pensato che l’iniziativa potesse essere accettata”. Citata dall’agenzia svizzera Ats ha aggiunto: “Eravamo in anticipo sui tempi”, pur ritenendo comunque positiva la discussione sull’argomento. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
BOCCIATO IL REFERENDUM PER L’ABOLIZIONE DEL CANONE TV
Dopo una lunga ed accesissima campagna, l’iniziativa “No Billag” con la quale in Svizzera si voleva abolire il canone tv è andata incontro ad una sonora bocciatura. Il referendum indetto è stato così bocciato dalla maggior parte degli elettori svizzeri che si sono detti favorevoli al pagamento del canone radiotelevisivo. Come riporta Rai News, a dirsi contrati all’abolizione del canone tv sono stati il 70% dei cittadini elvetici, ai quasi si sono aggiunti anche tutti e 26 i cantoni, con percentuali elevate e che vanno dal 62.7% al 78.3% di Neuchâtel, fino al 65.5% in Ticino e addirittura il 77.2% nei Grigioni. A promuovere invece l’iniziativa che prende il nome dalla società che riscuote il canone televisivo è stata la destra elvetica e che considerava lo stesso come una tassa che limita la libertà di ogni individuo e la concorrenza sul mercato dei media. Sia il governo che il parlamento di Berna, nelle ultime settimane che hanno preceduto il referendum, hanno invitato i cittadini a votare contrariamente sostenendo che l’abolizione del canone avrebbe prodotto un danno evidente alla qualità e pluralità dei media in Svizzera, favorendo al tempo stesso l’espansione sul mercato di gruppi stranieri. Ad averne subito le maggiori conseguenze sarebbero state le radio-tv della Svizzera italiana e francese e in caso di vittoria del “No Billag”, quindi, la Rsi avrebbe rischiato l’estinzione.
NO ALL’ABOLIZIONE DEL CANONE TV IN SVIZZERA: LE PAROLE DI MARCHAND
Il direttore della Ssr, la televisione svizzera, subito dopo la consultazione ha annunciato risparmi per i cittadini pari a 100 milioni di franchi. Attualmente, come spiega TgCom24, ogni famiglia paga ogni anno 451 franchi per il canone di radio e tv, cifra ora destinata a scendere a 365 franchi a partire dal primo gennaio del prossimo anno. Gilles Marchand, numero uno della radio-televisione svizzera ha commentato: “E’ un segnale forte per il servizio pubblico, per le radio e televisioni regionali, nonché per l’insieme della società svizzera”. Eppure, questo referendum ha segnato anche un punto di svolta importante, come spiegato dal direttore della Ssr, secondo il quale l’azienda non potrà più continuare come un tempo: “Dobbiamo risparmiare, sono necessarie delle riforme”, ha asserito. Nei programmi di Marchand ci sarebbe un piano di ristrutturazione che prevede tagli fino a 100 milioni di franchi, pari a circa 86 milioni di euro e che andranno inevitabilmente a ripercuotersi sui posti di lavoro. “Dovremo concentrarci meglio sulle nostre priorità: informazione, cultura, mondo digitale”, ha aggiunto, lasciando intendere un grande cambiamento in atto nel Paese.