Un segnale non particolarmente ben augurante è che Donald Trump ha cancellato il suo viaggio imminente in America Latina proprio per «supervisionare la risposta in Siria e monitorare gli sviluppi nel mondo», ha spiegato la Casa Bianca questa mattina. Le ore passano e le opzioni militari in mano agli Usa e all’Onu non sono certo moltissime: anzi, sono sostanzialmente divisibili in tre macro punti, tutti purtroppo non “sufficienti” per risolvere un conflitto lungo 7 anni e con quasi un milione di morti (di cui molti innocenti, ndr). Una soluzione diplomatica; un attacco mirato contro Assad dopo il presunto raid chimico a Duma; una guerra su ampia scala con l’appoggio di Macron e May ma senza il nulla osta ufficiale dell’Onu visto che la Russia si è detta del tutto contraria ad una ripercussione contro l’alleato Damasco. La terza è la preferita di Trump ma trova il problema enorme di possibili risposte offensiva tanto di Putin quanto dell’Iran, evocando un conflitto in Medio Oriente dagli imprevedibili esiti e dalle tremende conseguenze. Le organizzazioni umanitarie stanno riempiendo di appelli la comunità internazionale per bloccare ogni tipo di mira militare dopo che già lo scontro tra Governo-regime e ribelli (di cui molti sono jihadisti) sta riducendo in brandelli la martoriata terra siriana. «L’Unicef continua a fornire aiuti in tutti i rifugi collettivi che ospitano sfollati interni dalla Ghouta orientale e a fornire supporto per la salute e la nutrizione in 6 aree in cui è da poco possibile accedere nella Ghouta orientale», spiega una nota della Ong che chiede altri fondi e aiuti per i bambini delle aree di guerra.
CACCIATORPEDINIERE USA VERSO LE COSTE SIRIANE
In attesa di conoscere le “importanti decisioni” che Trump sta per prendere sulla situazione in Siria, un cacciatorpediniere della Marina degli Stati Uniti d’America è in viaggio verso la costa della Siria. Secondo le prime informazioni raccolte in Turchia, la nave da guerra Donald Cook con a bordo missili guidati potrebbe essere molto vicina alla base militare russa nel porto siriano di Tartus scatenando così la risposta del Cremlino che ha mandato dei jet di disturbo molto vicini al cacciatorpediniere di Trump. Militari russi al momento confermano che la nave Usa è in acque neutrali ma si avvicina pericolosamente con un «chiaro segnale di escalation della situazione dopo gli attacchi in Siria», spiega l’ex capo di Stato maggiore della Marina russa, Viktor Kravchenko, che poi aggiunge riportato dall’Ansa, «gli Usa non oseranno apertamente colpire la Siria, per via della presenza delle nostre navi e sottomarini nel Mediterraneo e per il recente avvertimento del nostro capo di Stato maggiore», il quale nei giorni scorsi aveva promesso una risposta netta di Mosca ad ogni minaccia lanciata da Washington. E l’Onu che fa? Per ora è stato riunito il Consiglio di Sicurezza che con estrema cautela sta cercando di capire se far approvare in giornata una risoluzione in difesa della Siria e contro ogni attacco o se invece dare via libera agli States, ma inimicandosi così la Russia con una spaccatura che potrebbe essere “letale” nei prossimi mesi in Medio Oriente.
TRUMP, PRONTA LA GUERRA AD ASSAD
Secondo gli Usa non vi sono dubbi, l’attacco avvenuto due giorni fa a Duma (100 morti, più di 800 feriti) è stato ordinato da Assad e sono state utilizzate armi chimiche contro la popolazione di civili “protetta” dai ribelli di Jaish al-Islam. Non solo, secondo il presidente della Casa Bianca «l’attacco era stato preparato da tempo e gli Usa stanno prendendo una decisione sul da farsi a proposito dell’orribile attacco». Quanto emerso ieri sera nell’imprevedibile comunicato di Trump coinvolge anche altri Paesi occidentali, sicuramente la Francia e forse anche altri all’interno dell’Onu: sono ore decisive visto che Trump ha fissato il limite di tempo disponibile «Prenderemo una decisione nelle prossime 24 o 48 ore. Forse entro la fine della giornata di oggi. Ma non possiamo consentire atrocità come questa. Stiamo parlando dell’umanità, non possiamo permetterle». Il progetto di Trump è abbastanza chiaro da mesi: fermare Assad, “regime-change” e frenata delle ambizioni di Russia e Iran nel futuro del martoriato Paese siriano ridotto macerie dopo 7 ignobili anni di guerra (con l’Occidente e l’Onu fermi e indifferenti in maniera assolutamente colpevole, ndr).
LA REPLICA DELLA RUSSIA
L’Onu ancora non ha preso una decisione sul da farsi, se non una possibile indagine sulle armi chimiche che sarebbero state usate dal regime di Assad contro i civili di Duma: nel frattempo la Russia ha rifiutato la nuova proposta degli Usa in commissione di sicurezza per una indagine indipendente per identificare i responsabili degli attacchi con armi chimiche in Siria. «La bozza di risoluzione presentata dall’Onu contiene alcuni elementi inaccettabili che la peggiorano rispetto alla precedente proposta degli Stati Uniti», spiega l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite Vassily Nebenzia. La Russia in questi anni si è assicurata agli occhi dell’Occidente il ruolo della garante per la dismissione di armi di distruzione di massa in terra siriana ma secondo Trump il rapporto a stretto giro tra Putin e Assad non ha permesso fino in fondo il raggiungimento dell’obiettivo, «e ora vanno fermati, Mosca è coinvolta nelle atrocità avvenute in Siria». L’Onu sembra comunque orientata a non appoggiare una missione militare nel Medio Oriente, ma al momento non ha carte immediate da giocare per poter fermare Trump; per di più, come rivela l’inviato di guerra oggi sul nostro quotidiano – Gian Micalessin – non è affatto detto che l’utilizzo di armi chimiche sia dipeso dal governo pur dittatoriale di Bashar al-Assad. «Ho visto con i miei occhi nella parte liberata di Ghouta laboratori chimici usati dai ribelli ed è ben strano che dopo aver quasi vinto una battaglia durata due mesi con l’uso di armi convenzionali, Assad decida ora di usare quelle chimiche. Non ha senso dal punto di vista militare», spiega Micalessin in esclusiva al Sussidiario.net (qui l’intervista integrale).