Il video girato sul confine di Gaza ora giunto anche sui nostri pc, ipad e telefonini qualcosa da insegnare lo ha. Innanzitutto (ci comunica l’esercito israeliano) è stato girato non ieri, non l’altro ieri, ma invece lo scorso 22 dicembre. Si potrebbe commentare: un giorno di ordinaria paura e violenza sul confine di Gaza. Le decine di morti e le migliaia di feriti palestinesi dei giorni scorsi hanno attirato su Gaza l’attenzione spesso distratta di noi che viviamo a Milano o in qualche altra città europea. La data di questo video, che  mostra il tiro al bersaglio di un soldato israeliano su un manifestante palestinese senza armi, ci ricorda che il dramma a Gaza come anche in Cisgiordania è pane di tutti i giorni. Anche perché i terreni a ridosso del confine tra la Striscia di Gaza ed Israele, soprattutto al sud, sono zolle preziose per i palestinesi dove coltivavano il prezzemolo. Sì, proprio il prezzemolo. Per l’esercito israeliano anche  quelle zolle, come tutto ciò che è dentro trecento metri, talvolta di più dal confine, in terreno palestinese, è zona vietata. Per fronteggiare più facilmente, si aggiunge, eventuali infiltrazioni terroristiche. 



Un secondo insegnamento viene dal ferimento ad una gamba e non dall’uccisione del palestinese, ripreso nel video. Se il militare israeliano lo avesse colpito alla testa e lo avesse ucciso non gli sarebbero mancati, purtroppo, i complimenti dei suoi colleghi e dei suoi comandanti. E’ stata invece una sua scelta. Pochi giorni fa, viene da chiedersi, quali ordini hanno ricevuto i militari, i “cecchini” come sono stati definiti, dispiegati sul confine? Perché oggi contiamo decine di morti e migliaia di feriti?  L’ordine era anche quello di impartire una “severa” lezione ai dimostranti palestinesi?



Infine, una considerazione sulle affermazioni del ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman: “il cecchino dovrebbe ricevere una medaglia, e chi ha filmato dovrebbe essere retrocesso”. Il militare che ha ripreso forse voleva esaltare i suoi commilitoni e la “stupidità” dei nemici. Ci sono però anche altri ex militari israeliani, che si sono riuniti in un’associazione che si chiama Breaking the Silence. Attraverso testimonianze personali, scritti e video raccontano quello che di assurdo vengono costretti a compiere contro i palestinesi, “i nemici”. E’ proprio il silenzio, essi dicono, che rende possibile cancellare l’umanità del “nemico” e anche l’umanità di chi è inviato a combatterli.

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