In questi giorni a Buenos Aires si è svolta la cerimonia inaugurale di un accordo, denominato “EL PacCto”, tra l’Ue e 18 Paesi latinoamericani, per la creazione di una collaborazione profonda contro il narcotraffico, la criminalità organizzata e la corruzione. Nei due giorni iniziali si è cominciato a discutere sui temi di questa relazione che rappresenta la più profonda e gigantesca iniziativa in materia: a essa collaborano sia l’Interpol che la Amepol, un’organizzazione che raggruppa le forze dell’ordine di nove nazioni sudamericane. Quest’area del mondo costituisce uno dei punti dove il narcotraffico e il crimine sono maggiormente radicati, al punto da controllare indirettamente o direttamente vasti settori della società e dell’economia di vari stati.



Il programma è di estrema importanza non solo perché include una fattiva collaborazione tra le forze dell’ordine, una cooperazione a livello di giustizia e una gestione penitenziaria, ma perché si concentra anche su cinque aree prioritarie quali l’attività cybercriminale, la corruzione, i diritti umani, la violenza di genere e il riciclaggio di capitali. Altro elemento di estrema positività risiede nella ricerca di risultati concreti e di impatto reale immediato, fatto assolutamente rilevante che permetterà di contrastare efficacemente i fenomeni criminali.



Già a partire dal mese di luglio è prevista una riunione delle tante che si svolgerà a Quito, Ecuador, avente come tema principale la corruzione, la lotta alla quale è già praticata in diversi Stati del Sud del mondo: basti pensare al Perù e al Brasile, dove due Presidenti, uno in carica e l’altro ex, sono attualmente sotto processo il primo e arrestato il secondo nell’ambito di operazioni di lotta condotte da una giustizia indipendente che hanno scosso i sistemi politici dei due paesi, un po’ come era accaduto in Italia con il caso “Mani Pulite” negli anni Novanta. 



Nel corso delle due giornate di dibattito i nomi di Falcone e Borsellino sono riecheggiati più volte come quelli dei veri precursori nella lotta contro la mafia globalizzata. Nel corso del suo interessantissimo intervento, il Procuratore Nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ha anche ricordato un’altra figura Italiana straordinaria: quella del sindacalista e poi politico Pio La Torre, che nel corso della sua lotta contro i poteri mafiosi riuscì a creare un progetto, poi trasformato in legge nel 1982, che non solo trasformò in reato l’associazione mafiosa, ma ne sequestrava i capitali, restituendoli allo Stato e quindi alla società. 

La legge 682 costituì una pietra miliare e successivamente venne replicata in altri stati e ha costituito uno strumento importante, ad esempio , per la rinascita legale della Colombia dalle ceneri in cui era affondata nel triste periodo della guerra civile tra Stato e il narcotrafficante Pablo Escobar e le Farc. In Italia, secondo i dati forniti da Federico Cafiero de Rhao nel suo intervento, questa manovra ha permesso il recupero di circa 30 miliardi di euro dalla sua attuazione, avvenuta lo stesso anno in cui La Torre venne ucciso dalla mafia a Palermo, nel 1982. 

Un altro degli scopi del “Pacto” risiede infatti in una collaborazione legislativa che permetta di raggiungere un’omogeneità in grado di unificare le normative nella lotta alla criminalità, così come la collaborazione delle forze dell’ordine e dei sistemi informatici dei vari e l’addestramento comune delle polizie dei vari Paesi.

Un accordo storico, quindi, che nel termine di 5 anni dovrebbe non solo stabilire un sistema di lotta comune al crimine, ma anche approfondire il dialogo tra due Continenti che si trovano ad affrontare problematiche similari nelle quali solo un confronto costruttivo e uno scambio di esperienze possono contribuire a un benessere comune.