L’attacco missilistico di missili “belli, nuovi ed intelligenti” — come li aveva definiti Trump in un suo tweet — più che avere una qualche utilità, dimostra solo la frustrazione interna del mondo occidentale causata dal fallimento di tutti i propri progetti geopolitici in Medio oriente, che si stanno rivelando anche pericolosi per il mondo intero.
Perciò ormai lo “stringiamoci a coorte” del cosiddetto “mondo occidentale” — svuotato com’è di alti ideali e pieno di contraddizioni — non funziona più e sta assumendo l’aspetto di pura retorica autoreferenziale.
La spiegazione degli alleati che il lancio dei 105 missili Tomahawk sarebbe stata deciso come misura estrema “a causa del veto russo alle indagini”, è palesemente falsa: l’indagine dell’Organizzazione per proibizione delle armi chimiche (Opcw) non abbisogna di nessuna “autorizzazione dell’Onu” ( tant’è che gli ispettori sono già da due giorni sul posto per indagare). In realtà, il veto russo ha solo impedito il passaggio di una risoluzione molto ambigua che conteneva una condanna preventiva contro il governo siriano: ciò avrebbe aperto alla legittimazione di un intervento armato occidentale di più ampia portata.
Tra le varie reazioni all’intervento missilistico occidentale del 14 aprile, di particolare rilievo è l’appello congiunto lanciato da Giovanni X Yazigi, patriarca grco-ortodosso di Antiochia; Ignazio Aphrem II, patriarca ortodosso siriaco di Antiochia e Youssef Absi, patriarca melchita-greco cattolico di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme. I religiosi, nel documento — pubblicato in arabo ed inglese — denunciano che “la brutale aggressione compiuta dagli Stati Uniti, dalla Francia e dal Regno Unito” è una chiara violazione delle leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite, in quando “è un attacco ingiustificato a un paese sovrano, membro dell’Onu”. I patriarchi sostengono che “le accuse degli Stati Uniti e di altri paesi” contro l’esercito siriano per utilizzo di armi chimiche “sono affermazioni ingiustificate e non supportate da prove sufficienti e chiare”. Inoltre, essi evidenziano come la rappresaglia sia stata “compiuta quando la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta stava per iniziare il suo lavoro in Siria minando così il lavoro degli ispettori”.
Gli stessi richiamano l’attenzione delle Nazioni Unite alle conseguenze di questo tipo di azioni militari, che “anziché apportare benefici aprono ad una ulteriore escalation del conflitto ed a maggiori complicazioni”. Inoltre — proseguono i religiosi — “l’ingiusta aggressione incoraggia le organizzazioni terroristiche e dà loro lo slancio per continuare nei loro atti aggressivi”. Dopo aver fatto queste considerazioni, Giovanni X, Ignazio Aphrem II e Youssef Abs si rivolgono al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché “svolga il proprio ruolo naturale nel portare la pace piuttosto che contribuire all’escalation delle guerre”. L’appello si conclude con un’esortazione rivolta “a tutte le chiese presenti nei paesi che hanno partecipato all’aggressione”, affinché esse “agiscano sui rispettivi governi secondo gli insegnamenti del Vangelo, condannino l’ aggressione e chiamino i rispettivi governi a impegnarsi per la protezione della pace internazionale”.
Come gli stessi patriarchi hanno sottolineato, ciò che particolarmente sorprende della sproporzionata iniziativa militare congiunta è appunto l’assenza di “prove sufficienti e chiare”.
Infatti, il giorno prima, lo stesso capo del Pentagono James Mattis — in occasione di un’audizione alla Commissione bilancio della Camera — aveva ammesso che gli Stati Uniti non erano in possesso di prove sull’attacco chimico se non il materiale diffuso sui social media. Di questa elemento chiave, sabato l’agenzia Reuters ha fornito ulteriore conferma: le fonti utilizzate per ordinare l’attacco non sono fonti dirette ma video diffusi su Youtube.
E’ interessante che l’autore dei video che hanno fatto da sponda all’intenzione americana di bombardare, sia l’organizzazione “Syrian American Medical Society” (Sams). Si tratta di un potente centro di lobbying finanziato dagli Usaid che funziona nelle aree ribelli (dove opera anche in tandem con l’organizzazione “White Helmet”). In quelle aree la Ong svolge la duplice funzione di pubblica assistenza (per abbonimento della popolazione) e di propaganda per “stimolare una guerra di cambiamento contro il regime”: in definitiva, questa organizzazione è guidata dagli Stati Uniti e persegue gli stessi obiettivi degli Usa.
Naturalmente se i governi fossero in buona fede — in considerazione della natura prettamente politica di questa organizzazione — la avrebbero esclusa da ogni attendibilità. Invece, anche questa volta gli Stati Uniti hanno ordinato la rappresaglia missilistica basandosi sulle “prove” della Sams: è esattamente la fotocopia di quanto già accaduto in occasione del precedente attacco chimico di Khan Sheikhoun (4 aprile 2017), avvenuto in un’area controllata da Al Qaeda. Come ricorderete, anche in quell’occasione — esattamente a 3 giorni del presunto attacco chimico ed ancor prima di ogni indagine indipendente — la rappresaglia statunitense di 59 missili Tomahawk si basò sui video diffusi dalle due organizzazioni.
Insomma il meccanismo di reciproca dipendenza ed assistenza funziona sempre, avviene con un meccanismo collaudato che è simile a quello della disinformazione giornalistica, ovvero della propaganda di guerra che fa da velina ai governi. Tutto si compie per la disonestà dei politici dunque e non per i fatti specifici; per spiegare ancor meglio come cominciano le guerre, parafrasando Karl Kraus potremmo dire: “I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi fingono di credere a quello che leggono”.