“La Siria è l’esempio più lampante e tragico di quell’elemento oggi fondamentale nelle cosiddette guerre asimmetriche che è l’informazione”. Fondamentale ma profondamente distorto e manipolatorio: così dice a ilsussidiario.net Marcello Foa, giornalista di lungo corso nel campo internazionale e cofondatore dell’Osservatorio europeo di giornalismo (Ejo) presso l’Università della svizzera italiana (Usi) di Lugano. Argomento sviscerato a fondo nel suo ultimo e recente libro Gli stregoni della notizia atto secondo. Tale uso dell’informazione è quello che ha portato all’attacco franco-americano-inglese in Siria, “prima che si potesse accedere a qualunque prova, come ammesso dallo stesso segretario alla Difesa americana”.
Foa, l’importanza politica di “prove” esibite come l’uso di armi chimiche, fossi comuni e altro in Siria è il ritornello che ha segnato e segna questa guerra. Perché la comunicazione è così importante? Quale opinione pubblica c’è in gioco?
Attraverso l’uso dell’informazione si possono ottenere scopi talvolta militari, ad esempio la legittimazione di una guerra. Certo, questa è una cosa risaputa da sempre, e cioè che la prima vittima della guerra è la verità.
Invece oggi cosa accade di diverso?
Viviamo in democrazie dove i governi sono vincolati a rispettare una informazione istituzionale il più possibile corretta, mentre si fa sempre di più un uso strumentale e manipolatorio dell’informazione pubblicizzando falsità e diffondendole con i media. Questi, a loro volta, attaccano in modo aggressivo chi denuncia possibili manipolazioni con l’accusa di essere complottisti. La Siria è un esempio chiaro di tutto questo. Purtroppo nessuno ha imparato la lezione dell’Iraq.
Le famose armi di distruzione di massa dimostratesi inesistenti?
Sappiamo benissimo che quella guerra fu lanciata su prove totalmente falsificate. I giornalisti dovrebbero mostrare maggiore serietà quando arrivano gli annunci di governi che una volta giudicavamo attendibili e invece si bevono un sacco di frottole.
Si bevono o accettano volentieri di bersele. Ieri Gentiloni, mentre l’ispezione dei commissari dell’Opac era ancora in corso a Douma, ha dichiarato in parlamento che “non c’è nessun dubbio, è stato usato il gas da parte di Assad”. Come si fa a dire queste cose senza ancora avere delle prove certe?
E’ gravissimo. Il segretario della Difesa americana John Mattis, notizia passata nel silenzio totale, il giorno prima dell’attacco alleato, durante un’audizione al Congresso americano aveva detto che non c’era alcuna prova dell’uso di armi chimiche, ma che si disponeva solo di indizi derivati dai social media. 24 ore dopo è scattato l’attacco. La sua è una ammissione sconvolgente. Gli Stati Uniti volevano bombardare comunque e le prove che a posteriori ha portato Macron sono solo un cumulo di sospetti riportate da Ong che non sono neutrali e che rientrano in uno schema molto sofisticato. Lei sa cosa sono le “Ong quango”?
Sinceramente no.
Infatti non lo sa quasi nessuno. Sono Ong “quasi” autonome che hanno l’apparenza della neutralità ma in realtà sono finanziate dai governi che collaborano con Ong internazionali o locali. Attraverso questo sistema di schermatura piramidale le Ong vengono indotte ad adottare atteggiamenti che sembrano frutto di attivisti molto idealisti ma che in realtà possono, non tutte certamente, essere manovrate. Quando Macron cita una fantomatica associazione di medici americani che opera in Siria, un giornalista dovrebbe andare a capire di chi si parla.
Come il famoso Osservatorio per i diritti umani in Sira che opera a Londra?
Esattamente. Vi è impegnata una sola persona, finanziata dal governo inglese, che da dieci anni diffonde notizie false. I giornalisti dovrebbero avere anticorpi sviluppati per cogliere queste incongruenze e avvertire l’opinione pubblica, ma non accade quasi mai.
Si dice che Trump abbia partecipato all’attacco per assecondare i due nuovi falchi del suo staff, Bolton e Pompeo, che ne pensa?
Temo sia così, ma la cosa più preoccupante è la metamorfosi di Trump. Nel 2013 lanciava tweet furiosi contro Obama quando questi voleva bombardare la Siria sulla base di prove false anche quella volta. Se leggiamo il discorso di insediamento di Trump o le dichiarazioni in campagna elettorale, emergeva la volontà di iniziare un nuovo corso della politica estera americana, non più invasivo ma più attento alla politica interna.
Invece?
Trump si è “normalizzato”. Usa logiche e proclami sempre più neoconservatori, con lo stesso spirito di Bush, di Obama in parte, lo spirito che infuocava Hillary Clinton nell’aver voluto la guerra contro Gheddafi. John Bolton è un personaggio pericolosissimo, rappresentante dell’America più neoconservatrice, quella che ha fatto danni gravissimi in Iraq e Afghanistan. E’ una svolta preoccupante.
Anche Macron è stato protagonista di una svolta militarista che in pochi si aspettavano, che ne pensa?
Il mio pensiero personale su Macron, ma è un giudizio personalissimo, è che di questo uomo non si sappia nulla, nessuno ad esempio ne ha fatto un profilo psicologico. Ho il sospetto che non sia così equilibrato come si pensi. In ogni caso è un membro dell’establishment internazionale, e sta vivendo un momento difficilissimo, la Francia è paralizzata da scioperi e contestazioni. In questi casi si insegna che se puoi creare un forte diversivo con il quale puoi unire il paese, lo usi. E la Siria è un ottimo diversivo.
Infine Putin: accusa Usa, Regno Unito e Francia di aver violato la legalità internazionale, ma lui in Crimea non ha fatto di meglio. Quale la sua politica in Siria, i suoi punti di forza e di debolezza?
La Crimea è stata una risposta alla finta rivoluzione a Kiev e non la chiamerei invasione. Il fatto è che l’America vuole farlo fuori, vogliono un leader compiacente come era Eltsin o lo stesso Putin ai suoi inizi. L’America crea pressioni nei suoi confronti affinché Putin cada diventando impopolare. Come dire ai russi: se vi liberate di lui la Russia torna amica. Ma alzando così il tiro su di lui c’è un rischio molto alto che la situazione degeneri.
La Siria dividerà gli italiani?
Il M5s è in fase di evoluzione o involuzione a seconda delle opinioni, Di Maio desidera così tanto il potere da prendere qualunque posizione favorevole all’establishment. Gli unici a rimanere coerenti sono Salvini e la Meloni. Se vogliamo, la spaccatura è questa, chi sta su posizioni filo-establishment appiattiti sugli Usa, e le parole di Gentiloni lo dimostrano, e chi no.
In conclusione?
Io mi chiedo perché mai una persona uccisa da raffiche di mitra sia meno importante di un morto per armi chimiche. E’ come dire che le guerre convenzionali e i massacri si possono tranquillamente fare. E’ una operazione di manipolazione mediatica valoriale. Io ho compassione per le decine di migliaia di morti di questa guerra e sono addolorato. Ci si scandalizza solo perché si ipotizza l’uso di armi chimiche, salvo scoprire come nel 2013 che le usarono i ribelli. Questo mi sembra assurdo e profondamente destabilizzante.
(Paolo Vites)