Senza usare mezzi termini, Donald Trump accusa l’Opec di alzare il prezzo del barile di petrolio senza reali motivazioni: “I prezzi sono tenuti artificialmente alti, non va bene e non sarà accettato” ha dichiarato il presidente americano. Il prezzo del petrolio al barile in effetti sta toccando vertici che non raggiungeva da almeno 4 anni, ieri in Europa si è spinto fino a 74,74 dollari. Ha ragione Trump ad arrabbiarsi? C’è dietro qualche ricatto politico in atto? Va infatti ricordato che in questa manovra oltre i paesi arabi c’è anche la Russia. Ilsussidiario.net ne ha parlato con Andrew Spannaus, giornalista e fondatore di transatlantico.info, da qualche settimana anche presidente dell’Associazione stampa estera in Italia.
Cosa c’è secondo lei dietro questa improvvisa corsa all’aumento del prezzo del petrolio? Per anni i mercati petroliferi hanno avuto eccesso di offerta, oggi invece sarebbero vicini all’incapacità di soddisfare la domanda.
Che ci sia una mancanza di petrolio a breve termine è poco probabile. Gli Usa hanno recentemente aumentato di parecchio la propria produzione, cominciando ad esportare, anche se è vero che ci sono qualità diverse di petrolio e parte di quello americano è di qualità più leggera.
Trump suggerisce l’idea di una speculazione decisa a tavolino, è così? Per quali ragioni?
Non vedo grandi retroscena al momento. Direi che potrebbero esserci fattori di due tipi. Da una parte interessi politici poco chiari di qualcuno, insieme alla scusante, più o meno fondata, di tensioni internazionali che sempre fanno aumentare i prezzi. Dall’altra c’è la speculazione finanziaria, che non esita a sfruttare il momento per fare soldi.
Intende le tante guerre e i rischi di guerra che ci sono al mondo?
Certamente: questo momento può essere utile per fare speculazioni, visto che ci sono tensioni in Medio Oriente e poi tra Usa, Europa, Russia, Cina.
Opec e Russia hanno fatto capire che non intendono abbassare i prezzi fino al 2019, questo cosa comporterà secondo lei?
La Russia ha subito perdite ingentissime in campo economico negli ultimi anni con il crollo delle materie prime, e ha tutto l’interesse ad avere prezzi più alti anche se, bisogna dirlo, al momento il prezzo è più basso dei massimi toccati alcuni anni fa. Penso che l’economia mondiale possa andare avanti senza grande affanno con il petrolio a 70, anche 75 dollari al barile. Non è un costo insostenibile, diventa un problema per chi ha fatto strategia contando su prezzi più bassi.
L’Iran in questo quadro che gioco fa, alla luce del trattato nucleare che Trump vuole affossare?
La produzione iraniana influisce poco. Certo, se si va avanti con questa idea di cercare di rinegoziare il trattato nucleare, le pressioni americane possono essere maggiori e sarà più difficile per l’Iran rientrare nel mercato.
In sostanza, come giudica il post di Trump? Un attacco ai paesi produttori di petrolio?
Non direi che ci sono attacchi. I tweed di Trump indicano sempre la sua prima reazione in base agli interessi percepiti dagli Usa, per cui se le cose non vanno come lui vorrebbe, si arrabbia. Da qui a quando il governo svilupperà una sua strategia, passerà del tempo, per cui non vedo uno sconvolgimento. Forse c’è una preoccupazione perché le condizioni favorevoli degli ultimi anni possano essere rimosse.