Lo aveva detto e lo ha fatto: il presidente delle Filippine, Rodrigue Duterte, ha chiuso l’isola di Borocay. La perla dell’oceano Pacifico, atollo visitata ogni anno da milioni di turisti, chilometri di spiagge bianche e finissime, e mare azzurro e bollente, è diventata una fogna. Causa il sovraffollamento turistico, c’è il serio rischio di un danno ecologico-ambientale, oltre che salutare. Nelle scorse settimane è infatti venuto alla luce un video in cui si mostravano i liquami neri delle fognature riversati direttamente in mare, chiaro indizio di come tutto l’impianto dell’isola sia ormai al collasso, impossibilitato a sostenere la crescita di popolazione ingente. Di conseguenza, la perla è stata chiusa per sei mesi, fino a che l’intera area non verrà bonificata totalmente e rimessa a nuovo.



DENUNCIATI 10 AMMINISTRATORI LOCALI

La decisione dell’irriverente presidente filippino non ha di certo lasciati indifferenti, visto che sono state svariate le proteste, in particolare dell’ala commerciale della stessa isola, tenendo conto che lì vi lavorano circa 30 mila persone, a fronte di due milioni di turisti ogni 12 mesi. Ma l’inquinamento stava diventando insostenibile, e il rischio di una bomba che esploda da un momento all’altro, é davvero altissimo. Duterte ha così indetto lo stato di calamità sull’isola, avvalendosi dell’aiuto dell’esercito militare che pattuglia il mare evitando l’avvicinamento e l’attracco di imbarcazioni turistiche sulla stessa Borocay. Lo spettacolare atollo filippino rimarrà chiuso per i prossimi sei mesi, e nel frattempo sono stati incolpati per l’inquinamento, e denunciati, 10 amministratori locali.

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