Oltre 50 morti, molti dei quali iraniani, decine di missili distrutti, una potenza di fuoco che ha anche provocato un sisma di magnitudo 2.6: il bombardamento su alcune basi in territorio siriano di ieri non è stato certo quella ridicola (e pretestuosa) prova dimostrativa di Usa, Francia e Regno Unito di qualche settimana fa. La prima ipotesi, che i missili fossero partiti da basi americane e inglesi in Giordania, si è dimostrata subito fasulla. La seconda, anche se non ammessa ufficialmente, è invece quella reale, un bombardamento da parte israeliana come avviene dall’inizio della guerra siriana contro le basi dove sono presenti gli iraniani alleati di Assad. Per Gian Micalessin, “si tratta per la potenza di fuoco impiegata di una escalation che se non fermata porterà inevitabilmente a una guerra contro l’Iran sul territorio siriano e libanese”. Nella serata di ieri sono emerse le ragioni dell’attacco: Netanyahu ha esibito in diretta tv le prove dell’arsenale atomico di Teheran, un piano di riarmo nucleare chiamato Amad. L’accordo del 2015, se fosse vero il dossier del premier israeliano, non sarebbe mai stato osservato.
Micalessin, che idea si è fatta dei responsabili dell’attacco missilistico in Siria?
E’ in modo evidente un ennesimo bombardamento israeliano mirato a colpire basi in territorio siriano dove è presente personale iraniano, pasdaran o milizie dell’asse iraniano.
Non sarebbe certo il primo, ma questa volta la potenza di fuoco è stata davvero alta, come mai? Di che messaggio si tratta da parte israeliana?
E’ stato un bombardamento molto più duro e consistente di quelli che Israele ha fatto fino a oggi colpendo basi di Hezbollah. Potrebbe siganificare l’intenzione israeliana di un’escalation per arrivare a uno scontro diretto tra Israele e Iran sul territorio siriano e libanese.
Fino a questo punto?
Netanyahu ha annunciato di avere le prove che l’Iran non ha rispettato gli accordi sul nucleare. In questo modo sta ponendo le basi per un futuro intervento militare. Ci sono poi indiscrezioni di fonte israeliana secondo cui ci saranno ulteriori attacchi portati direttamente su territorio iraniano.
Con l’appoggio americano e saudita?
Senza dubbio. Israele è di fatto alleato di Arabia Saudita e Stati Uniti contro l’Iran. Pompeo, in visita nei giorni scorsi a Gerusalemme, ha dato il pieno appoggio americano, senza dimenticare che Bolton, il consigliere alla sicurezza, chiede da tempo un cambio di regime in Iran.
Una escalation fino a questo punto o solo la cacciata totale degli iraniani dalla Siria?
E’ chiaro che l’obbiettivo israeliano è allontanare ogni presenza iraniana dalla Siria, ma bisogna vedere se l’Iran è disposto a farlo. Rinunciare alla Siria per Tehran significherebbe rinunciare al suo ruolo di potenza regionale che si è conquistato in questi anni, cosa che non è assolutamente pronta a fare dopo aver investito in vite umane e mezzi economici consistenti.
Davanti a questo ennesimo attacco israeliano l’Iran continua a non reagire, come mai secondo lei?
L’Iran è molto attento a come muoversi, è molto più interessato al lungo periodo che reagire ad attacchi momentanei. Gli interessa consolidare la sua presenza in Siria e ancor di più in Libano.
Ma se questi attacchi israeliani continuano, che cosa ci aspetta?
Se Israele mantiene le sue promesse si va verso un conflitto generalizzato sul territorio siriano, un conflitto che non mancherebbe di coinvolgere gli Usa ma anche il Libano e l’Iraq, dove l’Iran può contare su milizie prontissime a intervenire al suo fianco contro gli americani.
(Paolo Vites)