Nonostante le problematiche che investono il suo Governo, dovute in gran parte alla pessima comunicazione, l’Argentina di Macri, pur se a piccoli passi, sta cambiando. Quale sia lo stato dei lavori e le prospettive lo chiediamo alla Dott.ssa Claudia Calciano. Di origini italiane (i suoi nonni arrivarono in Argentina dopo la prima guerra mondiale) è direttrice generale dello sviluppo produttivo del Ministero de Industria y Comercio della città di Buenos Aires. «Quello che stiamo facendo dal giorno dell’elezione del presidente Macri è un lavoro tendente principalmente a recuperare il divario che 13 anni di isolamento dal mondo che costituisce una scelta operata dai Governi precedenti. Bisogna costruire un Paese che attiri investimenti e produca lavoro, riattivando l’economia e lo sviluppo anche attraverso una nuova relazione tra pubblico e privato. Viviamo in un’Argentina Repubblicana e Federale in cui crediamo sia stato importante aprirci al mondo sia attraverso la regolazione del cambio con il dollaro, operata nel 2015, che della creazione di un’immagine di Paese le cui ricchezze energetiche permettano di creare un ambiente adatto alle imprese che vogliono stabilirsi qui. Oltretutto disponiamo di un grande capitale umano che si è sviluppato e continua a farlo nelle università: abbiamo un’esperienza e un insegnamento che sono sicuramente tra i migliori in grado di creare non solo talenti ma anche innovazione».
La grande immigrazione ha sicuramente contribuito a ciò…
Sì, proprio il mix etnico di diversità ha permesso di creare risorse umane che continuano ad avere successo nel mondo, fenomeno che continua anche oggi, se pensiamo solo alla grande quantità di giovani venezuelani che fuggono dalla precarietà del loro Paese e vengono a vivere qui, spesso laureati o esperti in vari campi.
Ma allora come può un Paese così, grande dieci volte l’Italia e con solo 40 milioni di abitanti, dotato di immense ricchezze, avere il 34% di povertà?
La povertà dell’Argentina è strutturale e deriva da un regime populista che ha generato Governi che si sono appropriati del potere con l’obiettivo di perpetuarsi in esso, per cui la povertà si è trasformata in un male necessario a questo progetto. Parafrasando Hegel, quando hai un popolo che, come nel nostro caso, sta soffrendo una condizione di vita basica lo puoi guidare manovrando il cibo, cosa di cui l’Argentina è dotatissima. Ed è paradossale che un Paese che ne possiede in abbondanza tale da esportarlo in mezzo mondo abbia gente che soffre di denutrizione, per combattere la quale si ricorre a piani sociali che si trasformano in un scambio politico. Oltretutto questa situazione ha permesso lo sviluppo sia del narcotraffico che della criminalità organizzata che, dopo che la Colombia ha effettuato una gran operazione di pulizia, si è rivolta all’Argentina.
Sì, ma quali sono le soluzioni alla povertà?
Come affermava poco tempo fa il nostro Governatore, Horacio Rodriguez Larreta, non siamo disposti a interrompere una gestazione. La nostra forza politica si chiama Cambiemos perché vogliamo veramente costruire un Paese differente: ma per far ciò occorre tempo, anni nei quali non dobbiamo sprecare le risorse dello Stato. I concetti su cui ci basiamo sono tre: merito, sforzo e lavoro. Vogliamo tornare a riproporre quelle che sono le basi di una cultura democratica, sviluppando l’istruzione, il lavoro e, attraverso ciò, produrre quanto occorre per raggiungere un benessere stabile. Stiamo mettendo in atto un piano integrale che include la sicurezza, l’educazione e la cultura delle professioni: molte delle quali si sono perdute con la scomparsa della cultura del lavoro propiziata da anni di piani sociali fini a se stessi che in molti casi hanno prodotto tre generazioni che non hanno mai lavorato.
E che altre misure?
Promuovere un’economia sostenibile che possa far valere la manualità di professioni come la tessitura, lavorare il cuoio, oltre a sviluppare l’agricoltura. È chiaro che un progetto del genere senza una logistica di trasporti che possa coprire l’intero territorio non ha senso ed è per questo che, dopo decenni di distruzione operata a partire dagli anni Novanta, stiamo facendo rinascere la rete ferroviaria oltre a quella marittima attraverso la riutilizzazione dei porti mercantili presenti nel Paese, che ci permetteranno esportare sopratutto le materie prime di cui siamo ricchi. Come vede tutto ciò che stiamo portando avanti è la ricostruzione della colonna vertebrale di un Paese che era stata distrutta. E anche diffondendo un cambio di mentalità nella gente che lo abita.
Sì, però le tariffe energetiche, che erano regalate perché sovvenzionate dallo Stato, ora sono aumentate anche del 500%…
Abbiamo dovuto aumentarle per migliorare il quantitativo di energia nel nostro Paese, perché senza di essa non esiste produzione, stiamo occupandoci di installare energia eolica sia nel Sud Patagonico che nel Nord, utilizzando pure quella marina. Ripeto, non possiamo fare tutto in un anno e mezzo, ma stiamo lavorando alacremente. Inoltre, abbiamo detto all’Europa che siamo una nazione rispettosa della Costituzione, rispettandone i poteri. Certo, la giustizia è ancora lenta, abbiamo dovuto agire con cautela e dobbiamo ancora farlo perché alcune aree dove regna la corruzione sono sotto il controllo di organizzazioni legate al kirchnerismo. Ritengo che si stia agendo con prudenza per togliere il cancro più pericoloso che mina non solo la società ma anche parte delle Istituzioni: il narcotraffico.
Perché un’impresa dovrebbe investire in Argentina?
In primo luogo per il capitale umano presente, poi per le linee creditizie che vengono concesse per poter creare un’impresa, poi perché abbiamo poli economici che godono di grandi vantaggi impositivi, ma fondamentalmente perché siamo un Paese emergente che conta con indicatori economici affidabili. Ancor oggi soffriamo di un tasso di inflazione un po’ alto, ma anche questo fenomeno è destinato a normalizzarsi in poco tempo. Eravamo un Paese dove tutto era gratuito, con un altissimo tasso di corruzione e un’economia praticamente insostenibile: oggi non più. Tutta l’America Latina sta cambiando e il populismo che in gran parte la governava sta sparendo.
Italia e Argentina, due Paesi fratelli che però fino a poco tempo fa sembravano non conoscersi: che si sta facendo qui per risolvere questa lacuna?
In primo luogo vorrei far risaltare il grandissimo lavoro svolto dall’ex Ambasciatrice Teresa Castaldo proprio nella direzione di una reciproca conoscenza. Poi vorrei segnalare che, dopo aver vissuto anni di benessere, l’Italia sta attraversando una crisi che per certi versi gli fa riscoprire al fratello argentino dandogli la possibilità di unire i propri interessi ai suoi. Il nuovo Ambasciatore Giuseppe Manzo ha proposto un interessantissimo piano di fratellanza tra Regioni dei due Paesi che sicuramente può entrare in un processo di reciproca collaborazione per la soluzione dei rispettivi problemi. Secondo me anche l’Italia deve rafforzare la sua volontà repubblicana, specie dopo il risultato delle ultime elezioni e l’economia sta attraversando un momento difficile, nel quale però deve sedersi a un tavolo e portare avanti e approfondire il processo di collaborazione con un’Argentina della quale è un partner fondamentale, non solo storicamente.
(Arturo Illia)