“È il più grande attacco che portiamo avanti da diversi anni a questa parte”, hanno dichiarato fonti militari israeliane. Ieri Israele ha colpito “quasi tutte le infrastrutture iraniane in Siria”. Un bombardamento che ha fatto seguito al lancio di oltre 20 missili dalle basi iraniane in Siria sulle alture del Golan in mano israeliana. Benché come sempre in Medio Oriente ci sia molta nebbia su chi abbia colpito per primo e quali effetti reali si siano avuti, è innegabile che ci troviamo davanti al primo vero scontro tra Israele e Iran, una eventualità che si temeva da mesi. Secondo Carlo Jean, siamo a livello di azioni dimostrative: “In seguito alla grande vittoria elettorale di Hezbollah in Libano, gli iraniani, dopo aver subito per anni attacchi israeliani alle loro basi in Siria, hanno voluto dimostrare di esserci e di non avere intenzione di mollare”. Nonostante la natura dimostrativa, aggiunge Jean, “gli sviluppi in casi come questi sono sempre imprevedibili perché il meccanismo azione-reazione porta a essere trascinati dalle circostanze contingenti”.
Jean, questi attacchi possono essere stati motivati dall’abbandono americano del trattato nucleare iraniano? Si può dire che in tal modo si sia dato il via allo scontro che tutti annunciano da mesi?
Sicuramente l’Iran ha voluto sottolineare la propria presenza in Siria e lanciare un monito in questo momento di grande confusione. Teniamo conto che sono anni che Israele bombarda le basi iraniane in Siria con il sostegno indiretto e anche diretto dell’Arabia Saudita.
Questa volta però i primi ad attaccare sarebbero stati gli iraniani, bombardando le alture del Golan, perché?
In Medio oriente qualunque cosa accada ha bisogno di verifiche che quasi mai si riesce ad ottenere. L’Iran dice che i primi ad attaccare sono stati gli israeliani. Comunque sia andata, gli iraniani hanno voluto marcare la loro presenza territoriale in concomitanza con la forte vittoria elettorale di Hezbollah in Libano.
Attacchi dimostrativi dunque, senza reali conseguenze?
Sono attacchi dimostrativi ma pur sempre in grado di provocare una escalation, soprattutto perché Israele non accetta il ponte terrestre fra Teheran e Hezbollah.
Tornando a Trump, la sua uscita dal trattato nucleare potrebbe essere un modo degli Stati Uniti di dire a Israele e Arabia di occuparsi loro dell’Iran?
E’ ben difficile che scoppi una guerra tale da disarmare l’Iran, necessariamente dovrebbe essere una guerra nucleare. La cosa interessante di questo episodio è che Israele ha informato la Russia prima di bombardare, per non avere interferenze di difesa aerea da parte loro.
Questo significa voler tenere fuori la Russia da qualsiasi coinvolgimento?
Assolutamente. La Russia si trova impelagata in questa specie di vespaio mediorientale, il “mission accomplished” di Putin rilasciato tempo fa credo sia molto simile a quello di Bush in Iraq.
Da parte europea è intervenuto il solito Macron, oramai sorta di portavoce ufficiale, chiedendo di fermare subito gli scontri. Che peso possono avere le sue parole?
Macron interviene soprattutto perché motivato dai grossi interessi che la Total ha in Iran.
Secondo lei i paesi europei firmatari del trattato con l’Iran rimarranno davvero fedeli al trattato stesso?
Sembra di sì, quello che è da valutare è piuttosto il futuro dei rapporti fra Usa e Europa che non sono mai sembrati così bassi.
Angela Merkel ha detto che è ora che l’Europa vada per la sua strada lasciando perdere gli Usa, è una cosa realistica?
Andare per la propria strada significherebbe dotarsi di un sistema di difesa efficace, cosa che per un continente importante come l’Europa non può prescindere dall’avere un deterrente nucleare. Vedo le parole della Merkel piuttosto vane.
Quali sono oggi le forze in campo iraniane in Siria?
5mila uomini circa delle forze speciali che appoggiano Assad, che appoggia Hezbollah, il quale Hezbollah appoggia le milizie sciite siriane. La quantità esatta è impossibile da valutare. E’ interessante che la Turchia sia stata zitta.
Perché?
Per la Turchia ogni botta che viene data agli iraniani è ben vista per via del sostegno iraniano ai curdi, ma anche l’Iran ha un problema curdo. Di conseguenza hanno l’interesse comune di tenere un comportamento soft, ma la Turchia dal punto di vista dell’influenza non accetta un’eccessiva influenza iraniana in Siria.
A questo punto sembra di capire che si possano solo attendere ulteriori sviluppi che non sappiamo quali siano?
Sviluppi che possono essere imprevedibili perché ogni azione-reazione porta alla perdita della razionalità strategica. Quando dai un colpo al cerchio e uno alla botte si rischia solo di venir trascinati dalle circostanze contingenti.