Le sanzioni Usa contro l’Iran potrebbero colpire anche l’Europa. La minaccia arriva dal consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, il quale ha spiegato che il presidente americano Donald Trump non ha intenzione di fare sconti a quei Paesi che non ripudieranno l’accordo sul programma nucleare del regime di Teheran. A tremare, quindi, sono le aziende europee che continuano a fare affari con l’Iran. Anche l’Italia, che ha Eni in prima linea: è in Iran dal 1957. Ma non è solo il settore petrolifico nel mirino, bensì anche i comparti della meccanica, componentistica e delle infrastrutture. L’interscambio tra Italia e Teheran ha superato i tre miliardi di euro. Il nostro Paese è infatti presente in Iran con diversi marchi: Fs, Ansaldo, Danieli, Fata, Maire Tecnimont, Immergas. Tremano, dunque, le aziende europee che investono in Iran o fanno scambi commerciali. «Credo che alcuni Paesi europei finiranno per sostenere gli Stati Uniti nonostante i commenti dei loro leader», dice il “falco” Bolton alla Cnn. E ne è convinto perché «capiranno che è nel loro interesse seguire questa strada». Questo perché gli Usa hanno intenzione di agitare lo spettro delle sanzioni alle aziende europee: «Dipenderà dalla condotta dei loro governi».
IRAN, TRUMP MINACCIA SANZIONI AD AZIENDE UE. E L’ITALIA?
L’Italia aveva già studiato le conseguenze economiche del ripristino delle sanzioni nella legge di bilancio attuale, con l’intervento della finanziaria pubblica Invitalia che ha messo a disposizione di due banche iraniane (Bank of Industry e Middle East Bank) una linea di credito di cinque miliardi per garantire gli investimenti delle aziende italiane. Questa è la mossa che è stata decisa dal governo per compensare il rischio politico dopo che la Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal Tesoro, si era sfilata, togliendo le coperture attraverso la propria agenzia di credito alla Sace. Intanto il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha cominciato un’offensiva diplomatica da Pechino a Mosca, passando per Bruxelles, per cercare di capire se è possibile salvare l’accodo. E il tempo non è infinito: «Gli europei hanno tra i 45 e i 60 giorni per dare le garanzie necessarie», altrimenti Teheran «prenderà le decisioni necessarie», ha dichiarato il vice di Zarif, Abbas Araghchi.