E’ strage di manifestanti palestinesi, come era prevedibile, nel giorno dell’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme, a cui Donald Trump non si è neanche presentato mandando la figlia Ivanka, sposata con un importante lobbista di origine ebraica. In questo momento si parla di oltre 42 morti e 2400 feriti, il computo sarà sicuramente più alto, tra gli oltre 15mila palestinesi che hanno cercato di sfondare i confini con Israele nella manifestazione di protesta contro l’apertura dell’ambasciata. Per Jamal Jadallah, corrispondente in Italia di varie testate palestinesi, non ha senso parlare di “sconfinamento”: “Israele è l’unico paese al mondo che non ha confini dichiarati, vengono spostati continuamente a seconda delle loro esigenze. Dall’altra parte c’è invece un popolo che vuole tornare ai villaggi e alle case da cui furono cacciati nel 1948, in base alle risoluzioni delle Nazioni Unite che Israele non ha mai rispettato”.



Jadallah, era prevedibile una tale repressione da parte israeliana alla manifestazione di ieri? Un tale numero di vittime non si contava dai tempi della guerra del 2014.

Stiamo parlando di manifestanti civili uccisi da cecchini dell’esercito israeliano, presi di mira e uccisi uno a uno, un atto di brutalità inaudita. 



Le fonti israeliane parlano anche di almeno tre terroristi uccisi mentre stavano cercando di mettere ordigni esplosivi…

Stiamo parlando di un paese che occupa la Palestina e non perde occasione per continuare a usare la forza e giustificare l’uso della forza.

Alla base di tutto c’è la decisione da parte americana di aprire la propria ambasciata a Gerusalemme, città, sempre secondo le Nazioni Unite, aperta. Come commenta?

Il signor Trump ha calpestato tutte le risoluzioni internazionali su Gerusalemme. Anche il Vaticano riconosce Gerusalemme città aperta per tutte e tre le religioni monoteiste. Se l’America decide di essere amica di uno stato che occupa una nazione altrui, vuol dire che se ne infischia di ogni accordo internazionale.



Sappiamo che Trump usa un linguaggio a base di minacce, ma poi si ferma lì, anche con la Corea del Nord è andata così. Quando dice che “la nostra più grande speranza è per la pace” secondo lei in questo caso cosa sottintende? Mente o è sincero?

Mostra soltanto la sua incapacità di fare il presidente, usando una strategia politica che va in contrasto con quella che durava da anni, in cui gli Usa hanno giocato il ruolo di mediatori di pace. Stiamo parlando di un presidente che sa twittare ma che non conosce la realtà politica mondiale e la storia dei popoli. Quello che è successo con la Corea del Nord non è avvenuto certo grazie a lui, che anzi ha aumentato i toni continuamente, ma grazie alla Cina. E’ stato il viaggio di Kim Jong-un a Pechino che ha portato all’apertura del dialogo.

Se l’America non gioca più quel ruolo di mediatore, chi potrà a livello internazionale prendere il suo posto?

Il presidente palestinese ha chiesto e continua a chiedere un incontro internazionale sotto la presidenza delle Nazioni Unite. L’Europa poi deve essere richiamata a un ruolo importante, ha un rapporto storico sia con i palestinesi che con Israele. Questo è il momento che non si può più trattare e dialogare solo per fare una foto insieme sorridenti, adesso c’è bisogno di un controllo dell’applicazione dei principi dell’Onu ed è questa la richiesta palestinese.

Forse i paesi arabi dovrebbero contribuire a creare questo clima: da quando è sorto lo stato di Israele nel 1948 si sono sempre rifiutati di riconoscerlo, non pensa dovrebbero cambiare atteggiamento?

Attenzione, la storia non inganna nessuno. La realtà storica è che i paesi arabi hanno rifiutato l’occupazione inglese, e gli inglesi nel 1948 hanno creato Israele e aiutato a fare massacri e distruggere i villaggi palestinesi. Visto che si parla di richiami storici, la shoah è colpa dei popoli europei, non certo nostra. Il popolo palestinese ha le sue radici e la sua storia in quella terra, chiediamo solo di viverci come un popolo libero.

Gli scontri iniziati ieri secondo lei proseguiranno ancora?

Proseguiranno, e la repressione israeliana dimostra la vera faccia di un governo che si dice democratico, la gente che sta manifestando in queste ore chiede solo il diritto di tornare alle proprie case, Israele lo sa benissimo, per questo giustifica la sua repressione dicendo che ci sono infiltrati e terroristi. Mentre uccidere con i cecchini uomini e donne è giustificato.

Pare che i manifestanti abbiano cercato di superare il confine con Israele per penetrare all’interno, cosa dice di questo?

Ma di che confine parliamo? Ha mai sentito Israele dichiarare dei confini legalmente riconosciuti? Non ci sono confini ufficiali, Israele è l’unico paese al mondo che non ha una costituzione e dei confini legalmente riconosciuti. Queste manifestazioni sono per il riconoscimento delle decisioni prese dall’Onu.

Le violenze di questi giorni secondo lei porteranno a una nuova frattura fra Hamas e il presidente Abbas?

Il piano di Abbas è quello di creare una unità palestinese come richiesto dall’Onu. Tale richiamo indica le due forze palestinesi a discutere un piano di pace insieme, senza divisioni. D’altro canto tutti i palestinesi, di qualunque parte siano, sono sotto controllo israeliano.

(Paolo Vites)