Si rafforza sempre di più la teoria della strage-suicidio dietro l’incidente che coinvolse il volo MH370 della Malaysia Airlines, quando il Boeing 777 scomparve l’8 marzo 2014 con a bordo 239 persone senza che fu mai ritrovato. Anche un celebre programma di inchieste giornalistiche, 60 Minutes, avrebbe provato che dietro quel giallo potrebbe esserci un piano suicida messo in atto dal pilota. Una teoria, questa, che torna oggi dopo essere già stata affrontata in passato, quando a proporla era stato anche il primo ministro australiano, Malcolm Turnbull. Durante le ricerche, non furono mai rinvenuti né il relitto né le scatole nere. Come spiega Il Post, all’epoca non furono trovati neppure indizi in grado di spiegare cosa accadde durante il volo. A provare la teoria della strage-suicidio del pilota, mai smentita, è ora la deviazione che l’aereo compì prima di sparire per sempre dai radar, in direzione dello stato malese di Penang, terra natale del pilota 53enne, Zaharie Ahmad Shah. Secondo l’inchiesta condotta da una squadra di esperti, per due volte l’aereo si inclinò verso sinistra, come se il pilota volesse guardare la terraferma e che oggi appare come una sorta di “addio alla sua terra natale”. Dunque, gli esperti sarebbero arrivati ad una drammatica conclusione: il 53enne avrebbe depressurizzato l’interno del Boeing 777 al fine di far perdere i sensi a chiunque non avesse indossato la maschera dell’ossigeno. Per tale ragione, secondo questa ricostruzione, neppure il co-pilota fu in grado di lanciare l’allarme. Nessuno dei passeggeri ebbe il tempo di scrivere un messaggio di addio o tentare di contattare qualcuno. Quindi, secondo l’indagine, Zaharie passò sopra il suo Paese natale e quindi diresse l’aereo in mare, facendo perdere per sempre le sue tracce e quelle di altre 239 persone.



LE VARIE TEORIE DIETRO IL VOLO MH370

Nessuno forse conoscerà fino in fondo la verità su quanto accaduto al volo MH370 partito da Kuala Lumpur, in Malesia, e diretto a Pechino, in Cina. Il Boeing 777 sparì dai radar poco dopo la partenza senza lanciare alcun allarme. Nessuno conobbe mai neppure i movimenti che il mezzo aereo compì sopra l’Oceano Indiano anche grazie all’abilità del pilota esperto. Secondo uno degli esperti dell’indagine di 60 Minutes, Zaharie fu così furbo da volare al confine tra gli spazi aerei di Malesia e Thailandia, in modo che nessuno dei due paesi lo interpretasse come una minaccia. Oggi, dunque, la teoria che tutto fosse stato pianificato dal pilota appare sempre più credibile di fronte alle altre ipotesi finora emerse, come quella secondo la quale il 53enne ed il suo co-pilota non riuscirono ad impedire in nessun modo lo schianto o quella ancora del terrorismo, secondo la quale i responsabili sarebbero due passeggeri imbarcati con passaporti falsi (ipotesi, quest’ultima, ampiamente smentita). A tal fine vi fu una rivendicazione da parte di un gruppo terrorista cinese, conosciuto come Brigata dei Martiri della Cina, ma non fu mai realmente considerata attendibile.



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