Continuano a fare discutere i risultati delle elezioni in Venezuela, con Nicholas Maduro che ha ottenuto una schiacciante vittoria sui rivali Henri Falcon e Javier Bertucci. Il presidente uscente, che resterà alla guida del paese sudamericano per altri sei anni, ha ottenuto il 67,7 per cento dei voti, mentre Falcon, chavista dissidente, si è fermato al 21,2 per cento. Solo 930 mila voti per il pastore evangelico Javier Bertucci. Ma un dato fa pensare molto, quello relativo all’affluenza: dopo mesi di tensioni e di guerra civile, in Venezuela ha votato solamente il 33 per cento degli aventi diritto. E non solo: Henri Falcon continua a protestare contro una serie di denuce di irregolarità da parte di candidati e di media dell’opposizione, come sottolinea Il Fatto Quotidiano. Clima di alta tensione a Caracas… (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



SUD AMERICA, 14 PAESI CONTRO CARACAS

Mentre Stati Uniti e Russia si lanciano reciproche accuse di aver influenzato l’andamento del voto che, nel corso delle ultime presidenziali, ha sancito la vittoria e dunque la conferma della leadership di Nicolas Maduro, il resto del Sud America pare prendere le distanze da quanto sta accadendo in Venezuela e il rischio nei prossimi mesi è che Caracas si venga a trovare più isolata dal punto di vista diplomatico. Infatti, 14 Paesi latino-americano, ovvero quelli facenti parte del Gruppo di Lima, hanno deciso, in conseguenza del risultato contestato delle Elezioni 2018, di “ridurre le relazioni diplomatiche col Venezuela” e, stando ad alcuni media locali, contesterebbero un voto che, a loro dire, non sarebbe stato libero e che non rispetterebbe “gli standard internazionali per un processo democratico e trasparente”. Ad ogni modo, nel comunicato congiunto emesso, tra gli altri, da Argentina, Brasile, Colombia, Canada, Cile e altri stati) si legge anche che presto verranno richiamati i rispettivi ambasciatori di stanza a Caracas al fine di mettere in scena una protesta formale contro il governo di Maduro e contro la crescente emigrazione di cittadini venezuelani verso alcuni Paesi confinanti e che rischia di creare presto una vera e propria emergenza. (agg. di R. G. Flore)



RUSSIA, “GLI USA HANNO INTERFERITO NEL VOTO”

Non poteva mancare lo scontro internazionale dopo il voto venezuelano che ha riconfermato Nicolas Maduro presidente della Repubblica democratica: le reazioni ai presunti brogli nello Stato sudamericano arrivano da ogni parte del mondo, con numerose cancellerie internazionali che non riconoscono affatto il risultato del voto in Venezuela. I governi di Cile, Panama, Argentina hanno già fatto sapere di non riconoscere Maduro come leader venezuelano, proprio come gli Stati Uniti e larga parte dell’Unione Europea; arriva però dalla Russia il richiamo e la critica diplomatica fortissima contro Trump e il Congresso Usa. «Il risultato delle elezioni in Venezuela che da’ per vincitore, con i due terzi dei voti espressi, il presidente in carica Nicolas Maduro, è valido e irreversibile ma alcuni Paesi, Usa inclusi, hanno interferito nel processo elettorale, facendo appello al boicottaggio del voto», fa sapere in una nota il direttore del dipartimento America Latina del ministero degli Esteri russo, Aleksandr Schetinin. Lo scontro non intende concludersi certo a breve con l’Onu che potrebbe intervenire nei prossimi giorni con una risoluzione sulla situazione venezuelana e con Trump che potrebbe essere pronto a varare nuove sanzioni contro Maduro. 



HA VINTO MADURO MA CROLLA L’AFFLUENZA DEL POPOLO

Il Venezuela non presentatosi alle urne ha mandato un messaggio chiaro a Nicolas Maduro: “sei ancora il nostro presidente ma non ti riconosciamo”. Crollo incredibile dell’affluenza nelle Elezioni che si sono chiuse con l’inevitabile vittoria dell’unico candidato reale in campo, con le opposizioni boicottanti e i principali leader anti-chavisti del Paese che si trovano o in carcere o in esilio. I risultati dicono che Maduro viene rieletto presidente con 5 milioni di voti sugli 8 milioni votanti (solo il 46% della popolazione venezuelana), pari al 68% dei voti: «Stiamo ottenendo il 68% dei voti, con 47 punti di distanza dal candidato che mente», sono le primissime parole del neo-presidente che in molti, non solo in Sud America, definiscono un dittatore chavista. Maduro ha perso quai 2 milioni di voti dalla sua prima vittoria nel 2013 e vede attacchi “mediatici” da più parti e da più nazioni. Gli Usa e l’Ue non riconoscono la vittoria perché non riconoscono la legittimità delle Elezioni, mentre l’unico rivale in campo – Henry Falcon – bisogna riconvocare le Presidenziali: «Disconosciamo questo processo elettorale e lo qualifichiamo come illegittimo. Lo dico con responsabilità e non per questo me ne andrò domani dal Paese», ha scritto su Twitter il leader non riconosciuto neanche dalle opposizioni ufficiali (la MUD). Maduro gli ha risposto per le rime, «il bugiardo respinge i risultati prima che siano stati dati: la prima volta nella storia. Non c’è più onore; non c’è molto che ci si possa aspettare da questa opposizione». 

PAPA FRANCESCO, “BASTA VIOLENZE E SOPRUSI”

«Possono dire quello che vogliono di me, ma che dicano che il Venezuela è una dittatura è un’offesa al popolo»: con queste parole Nicolas Maduro ha commentato il suo voto per le Elezioni Presidenziali dove si attende già la vittoria senza alcuna opposizione “seria”. «Siamo un Paese Libero, altro che dittatura», va ripetendo il presidente che ha destituito un Parlamento, imprigionato gli oppositori e cambiato “ad hoc” la costituzione. Insomma, un bel coraggio mentre il Paese sembra non raccogliere l’invito al voto, stanco di avere solo promesse da anni e con pochissima libertà sociale su più livelli. Henri Falcon, candidato rivale di Maduro alle Presidenziali, nonostante sia stato tacciato dalle opposizioni di essere un “fantoccio” del Presidente, ha rilanciato alla popolazione una promessa di svolta liberista e di apertura del Venezuela verso il resto del mondo. «E’ un giorno storico in cui la famiglia venezuelana festeggia la libertà di espressione e di voto e la sovranità del nostro paese», continua invece imperterrito il presidente uscente e quasi certo nuovo leader del Paese sudamericano. Intanto dall’altre parte del mondo a Roma il Pontefice Francesco richiama i riflettori accesi sul Venezuela per far finire definitivamente le violenze annose: «Desidero dedicare nuovamente un particolare ricordo all’amato Venezuela. Con l’aiuto dello Spirito Santo, tutti si adoperino nella ricerca di soluzioni giuste, efficaci e pacifiche alla grave crisi umanitaria, politica, economica e sociale che sta stremando la popolazione, evitando la tentazione del ricorso a qualsiasi tipo di violenza». Non solo, il Papa riferendosi indirettamente a Maduro, spiega «Incoraggio le autorità del paese ad assicurare il rispetto della vita e dell’integrità di ogni persona, specialmente di quelle che, come i detenuti, sono sotto la loro responsabilità».

LE ELEZIONI-FARSA IN VENEZUELA

Nicolas Maduro si appresta alla vittoria nelle Elezioni Presidenziali di Venezuela di questo 20 maggio 2018: no, non siamo preveggenti o con in mano una sfera di cristallo, semplicemente il risultato delle Elezioni a Caracas è già scritto da mesi. Vincerà il lider maximo venezuelano, interprete e simbolo della “rivoluzione” iniziata da Chavez. Rispetto a 5 anni fa, l’unico vero obiettivo di Maduro è quello di ottenere una vittoria con margine maggiore, ma non vi è nessun dubbio che sarà lui questa sera, al più tardi domani, ad insediarsi come nuovo Presidente del Venezuela. Al netto dei “calcoli” politici, alquanto facili in questo caso, il Paese sudamericano vive come noto da mesi (anni) una situazione di estrema povertà, inflazione e pericolosa criminalità. Il Governo non è riuscito in quella rivoluzione “promessa” ma tiene ancora legata larga parte della popolazione con ricatti e imposizione di forza; le opposizioni, con i leader più importanti tutti incarcerati o esiliati, hanno deciso di non presentare alcun candidato forte, «mancano le garanzie minime di giustizia e trasparenza», fanno sapere da Caracas in questi ultimi giorni che hanno accompagnato la “campagna elettorale”. Usa, Canada, Ue, Colombia, Argentina e altri 14 paesi latinoamericani condividono quanto detto dalle opposizioni di un Paese che vede ancora la mancanza di medicinali e riserve di cibo nei supermercati, in crisi da tempo e senza una speranza a breve termine su soluzioni adeguate.

LE ACCUSE DALLE OPPOSIZIONI

La gran parte delle opposizioni, unite nella coalizione Mesa del la Unidad Democratica (MUD) ha deciso di boicottare le Elezioni Presidenziali per combattere anche a livello internazionale un presidente come Maduro che nei mesi scorsi per provare un’ulteriore atto di forza e piegare le leggi al suo volere, ha destituito e sostituto in blocco il Parlamento. Da anni i principali politici capi dell’opposizione alla linea chavista di Maduro sono stati arrestati, mandati in esilio o semplicemente impediti nello svolgere cariche pubbliche. Le elezioni si sono tenute questo 20 maggio e non lo scorso 22 aprile per un accordo giunto in ritardo tra il Governo e quei partiti che hanno deciso di unirsi con Henri Falcon (candidato delle opposizioni) ma espulso dalla MUD. Insomma il rivale perfetto per Maduro, in forte minoranza e senza l’appoggio delle vere opposizioni che lo hanno abbandonato quando hanno capito che si tratta di un “fantoccio” in mano allo stesso presidente. Chiamare “dittatura” il Venezuela, oggi, non è una bestemmia ma anzi una purtroppo cruda realtà: i tre “sfidanti” sono appunto Falcon (chavista “dissidente”), Javier Bertucci, ex pastore evangelico del movimento Speranza per il cambio, e Reinaldo Quijada, del partito Unità politica popolare. Non ci sono invece né Leopoldo Lopez (arresti domiciliari), né Henrique Capriles (inabilitato): non solo, la MUD accusa Maduro e il Governo di falsare le elezioni. Come? Il voto non sarà segreto ma sarà “certificato” con il “carnet della patria”, ovvero una carta di razionamento elettronica con la quale si otterrà una borsa di generi alimentari se si vota per Maduro. «Questo non è votare. Oggi non ci sono le condizioni perché si possa parlare di voto. Quello che stiamo facendo è lottare per garantire il diritto di voto», ha detto alla Bbc Delsa Solorzano, vicepresidente del partito Tempo Nuovo.