Ivan Duque è andato vicino alla vittoria nelle Elezioni Presidenziali in Colombia ma non ha raggiunto il 50% più uno dei voti per poter governare e per questo motivo in uno dei Paesi più importanti del Sud America si andrà a ballottaggio il prossimo 17 giugno. Il candidato della destra del Centro Democratico (il partito dell’ex presidente Alvaro Uribe) ha vinto così il primo turno delle Presidenziali, le prime dopo l’accordo storico di pace con le FARC (Fuerza autonoma revolucionaria del Común, gruppo rivoluzionario para-statale protagonista sanguinario degli ultimi 40 anni di guerra civile colombiana per i vari cartelli della droga). Al secondo posto, ma in corsa per il ballottaggio, il candidato sfidante della sinistra, Gustavo Petro (ex sindaco di Bogotà) con un passato da radicale di sinistra e rivoluzionario: ha preso il 25% dei consensi, relegando al terzo posto il moderato Sergio Fajardo, centrosinistra ed ex sindaco di Medellin. 36milioni al voto, 12 di questi giovani tra i 18 e i 28 anni che hanno deciso di dare fiducia al leader conservatore che più di tutti si è opposto all’accordo stipulato dall’ex presidente di centrosinistra Juan Manuel Santos (premio Nobel per la Pace proprio per quell’accordo) con le FARC, la vecchia guerriglia armata ora disciolta.



IL “NODO” DELLE FARC

Il vero nodo, come sempre in Colombia, rimangono proprio le FARC nonostante il discioglimento: infatti non è chiaro se il terzo candidato sconfitto da Duque e Petro appoggerà quest’ultimo in uno scontro di fatto politico tra i pro-accordo e gli anti-accordo. «Il candidato del partito del presidente Santos, German Vargas Lleras, si è fermato al 7 per cento. Il cambio della guardia del vincitore al secondo turno avverrà l’8 agosto», ha spiegato Repubblica commentando i risultati questa mattina. Le differenze tra i due sfidanti invece sono profonde: Duque, conservatore e oppositore dell’accordo con le FARC, è considerato comunque ancora troppo “tollerante” con l’ex gruppo rivoluzionario: in campagna elettorale ha promesso di rivedere l’accordo (che tra l’altro prevede cinque seggi fissi nelle due camere colombiane per le FARC, candidate ma sconfitte nettamente alle urne). Petro di contro è invece è stato membro in passato di un gruppo rivoluzionario di sinistra radicale, il M-19, che diede filo da torcere allo stato colombiano tra gli anni Settanta e Ottanta. Oggi tende a “dimenticare” quel passato dicendo che aveva solo ruoli amministrativi e non diretti, ma forse proprio per questo ha visto la sconfitta al primo turno: nulla è precluso, dipenderà dalla scelta dei colombiani e dalle forze sconfitte per come si posizioneranno nella sfida decisiva del prossimo 17 giugno.

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