Arriva dalla Slovacchia l’ordine di estradizione in Italia di Antonino Vadalà, l’imprenditore 43enne italiano sul quale stava indagando il giornalista Jan Kuciak. Quest’ultimo fu ucciso lo scorso febbraio insieme alla sua compagna Martina Kusnirova e secondo le prime indiscrezioni, il duplice delitto sembrò essere strettamente connesso proprio al suo lavoro di reporter investigativo. Il 27enne, infatti, era impegnato in indagini su frodi fiscali e i suoi ultimi articoli prendevano di mira in particolare un imprenditore coinvolto in una serie di inchieste della magistratura. Secondo quanto emerso dalle ultime notizie sul conto dell’italiano, spiega Repubblica.it, Milan Filicko, portavoce dell’ufficio del procuratore di Kosice, ha riferito che l’estradizione di Vadalà è stata chiesta dall’Italia per reati di droga. Lo stesso imprenditore avrebbe acconsentito all’estradizione che si concluderà entro i prossimi 10 giorni. Proprio il suo nome compariva in un articolo d’inchiesta del giornalista ucciso nel quale lo stesso Kuciak calcava la mano sui presunti legami esistenti tra politica e ‘ndrangheta.
OMICIDIO KUCIAK: VADALÀ NEGA COINVOLGIMENTO
La morte del giornalista Jan Kuciak e della sua fidanzata spinse gli inquirenti ad indagare anche sul conto di Antonino Vadalà, imprenditore italiano e proprietario di diverse aziende con sede proprio in Slovacchia. Vadalà fu fermato e successivamente rilasciato all’inizio del mese di marzo nell’ambito della medesima indagine sul duplice delitto. Successivamente fu nuovamente arrestato a Michalovce in seguito ad un mandato di arresto europeo emesso dall’Italia ma per accuse del tutto differenti e legate ad un’inchiesta sul traffico di droga formulate dalla procura di Venezia. L’imprenditore dovrà rispondere anche delle accuse di tentata frode in riferimento ai fondi stanziati dall’Ue in Slovacchia. Era questa, nello specifico, l’accusa che il giornalista ucciso aveva pubblicamente avanzato nei suoi articoli-inchiesta. Lo stesso Vadalà, di contro, ha sempre negato ogni addebito. Dopo la morte del giornalista e della compagna non erano mancate le proteste contro il governo dell’allora premier Robert Fico.