Dopo le parole di ieri che avevamo fatto temere una crisi (“Se gli USA lasciano l’accordo se ne pentiranno”) in vista della fatidica data del 12 maggio, il presidente dell’Iran, Hassan Rouhani è tornato sul tema dell’accordo sul nucleare firmato nel 2005 e, nella giornata di oggi, ha usato temi più concilianti, non paventando più una “uscita” dello stato islamico ma aprendo a una intesa a determinate condizioni. Insomma, la permanenza dell’Iran non dipenderà da quella degli Stati Uniti di Donald Trump: “Se i nostri interessi saranno garantiti, restiamo nell’accordo” ha detto oggi Rouhani, nel corso di un discorso pubblico tenuto alcune ore fa a Mashad e trasmesso anche in diretta televisiva. Il riferimento è all’Unione Europa che dovrebbe garantire gli interessi iraniani e la replica non si è fatta attendere, tanto che per adesso Rouhani ha ricevuto le garanzie che chiedeva, almeno a parole: “La UE resta impegnata nella piena attuazione dell’accordo e quest’ultimo va mantenuto e funziona” ha spiegato una portavoce a Bruxelles, ribadendo che ci sarebbe un rispetto totale dell’intesa da parte del governo presieduto da Rouhani e che questo varrebbe appunto anche se gli USA dovessero ritirarsi. (agg. R. G. Flore)



IL RUOLO DI VLADIMIR PUTIN

La data cerchiata di rosso sui calendari delle diplomazie di mezzo mondo è il 12 maggio: meno di una settimana per capire quale sarà la decisione che Donald Trump prenderà a proposito dell’accordo sul nucleare con l’Iran firmato dall’amministrazione Obama insieme a Gran Bretagna, Cina, Francia, Germania e Russia. E proprio quest’ultimo soggetto, come ultimamente sta accadendo con una certa frequenza, rischia di rappresentare una variabile decisiva per gli equilibri geopolitici tra Usa e Medio Oriente. Non è un caso, infatti, che il premier israeliano Benjamin Netanyahu, grande alleato di Donald Trump, voli a Mosca il prossimo 9 maggio per incontrare Vladimir Putin. Il leader del Cremlino, che rispetto agli altri capi di Stato gode di un rapporto privilegiato con il presidente iraniano Rouhani, certamente sconsiglierà lo strappo. Bisognerà capire se i suoi argomenti saranno tali da convincere Netanyahu, fermo oppositore dell’Iran, e al contempo Donald Trump che è meglio non toccare l’accordo siglato da Obama per evitare grane ulteriori in Medio Oriente. (agg. di Dario D’Angelo)



NUCLEARE IRAN, ATTESA PER IL 12 MAGGIO

Sarebbe uno storico pentimento quello a cui gli Usa andrebbero incontro se solo decidessero di ritirarsi dall’accordo sul nucleare in Iran firmato nel 2015 tra Teheran e l’Occidente. E’ questa la linea emersa dal discorso del presidente iraniano Hassan Rohani come riferisce al Jazeera. L’Iran avrebbe già in mente come reagire di fronte a qualsiasi decisione di Trump in merito all’accordo sul nucleare. Secondo Rohani, le dichiarazioni dell’inquilino della Casa Bianca in questi 15 mesi di mandato e nelle quali sostiene che l’accordo è il peggiore mai firmato “non sono logiche”. Occorrerà però attendere il prossimo 12 maggio per conoscere la decisione del presidente Usa. Di contro, è stata netta la reazione di Israele che ha invitato a bloccare sul nascere l’aggressività dell’Iran eventualmente anche con l’uso della forza. Certo è che il possibile ritiro di Trump dall’accordo sul nucleare iraniano potrebbe avere delle ripercussioni importanti nell’intero scacchiere geopolitico globale. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



LA REPLICA DI NETANYAHU

Arriva la replica da parte del premier israeliano, Benyamin Netanyahu, alle minacce del presidente dell’Iran, Rouhani. Commentando le recenti dichiarazioni di Teheran, l’alleato degli Stati Uniti ha ammesso: «Resteremo saldi contro l’Iran, bisogna bloccare sul nascere l’aggressività di Teheran. Siamo contrari ad uno scontro, ma se necessario è meglio prima che dopo». Sicuramente dichiarazione non di pace, che non aiutano a distendere un clima che sta divenendo incandescente. Il tutto è nato dalla volontà del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di uscire dal patto sul nucleare firmato nel 2015, a meno che non vengano inasprite le sanzioni nei confronti dell’Iran. Una situazione che ovviamente non va a genio allo stesso Rouhani, che fra le altre cose ha aggiunto: «C’é un solo Stato, un piccolo Paese e un regime che sostengono che l’accordo sul nucleare con l’Iran è stato un errore e sono gli Usa, l’Arabia Saudita e Israele». Netanyahu ha quindi spiegato di essere pronto a bloccare sul nascere l’aggressività iraniana, sottolineando che «Paesi che non erano pronti ad agire per tempo di fronte ad attacchi micidiali contro di loro hanno in seguito pagato prezzi molto più elevati. Noi non cerchiamo una escalation, ma ci teniamo pronti ad ogni sviluppo». Fra pochi giorni scadrà l’ultimatum di Trump agli alleati, per il patto suddetto, e per ora non sembrano esservi spiragli per un cambio di rotta degli Usa: quali scenari si prefigureranno? (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

RIPERCUSSIONI CATASTROFICHE IN CASO DI RITIRO

A meno di una settimana dalla data entro cui Donald Trump deciderà se confermare l’accordo nucleare con l’Iran – firmato nel 2015 anche da Gran Bretagna, Cina, Francia, Germania e Russia – Hassan Rohani minaccia il presidente americano. Le ripercussioni in caso di ritiro dell’accordo degli Stati Uniti sono enormi, soprattutto a livello economico: dagli aerei ai giacimenti petroliferi, sono in gioco miliardi di dollari di multinazionali che hanno interessi negli Stati Uniti. Un ritorno alle sanzioni pre-accordo sarebbe catastrofico, come riportato da Repubblica. Il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, volerà a Washington per provare a convincere gli Stati Uniti sull’opportunità di non uscire dell’accordo nucleare. La notizia è stata lanciata dal quotidiano The Guardian, secondo cui la missione durerà due giorni. Il Foreign Secretary dovrebbe incontrare diversi membri dell’amministrazione Trump, a partire dal vice presidente Mike Pence e dal consigliere alla sicurezza nazionale John Bolton. In programma anche summit con esponenti del Congresso. (agg. di Silvana Palazzo)

“SE USA LASCIANO ACCORDO NUCLEARE SE NE PENTIRANNO”

Alza la voce l’Iran e si fa sentire con il suo presidente Hassan Rouhani. Nelle ultime ore il leader del paese del Medio Oriente è uscito allo scoperto, ed ha mandato un messaggio di velate minacce agli Stati Uniti: «Se gli USA decideranno di porre fine all’accordo nucleare se ne pentiranno». Da Teheran si riferiscono ovviamente al famoso patto sul nucleare firmato, non senza fatica, nel 2015, dall’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Donald Trump è però convinto che quell’accordo sia troppo blando per gli iraniani, sottolineando inoltre il fatto che grazie a quell’intesa, Teheran abbia ottenuto 100 milioni di dollari, investiti in terrorismo e armamenti vari.

“POSSIAMO RESISTERE AD OGNI DECISIONE DI TRUMP”

L’uomo più potente al mondo non sembra affatto pronto a fare un passo indietro, e dopo il “no”ribadito alla cancelleria tedesca Angela Merkel, ha sottolineato la propria linea di pensiero anche durante un recente colloquio telefonico avvenuto con Theresa May, la premier britannica: «Ribadisco il mio impegno a garantire che l’Iran non possieda mai armi atomiche». Durante un messaggio in diretta tv, rivolto alla nazione, Hassan Rouhani ha quindi sottolineato: «Abbiamo piani per resistere a qualsiasi decisione di Trump sull’accordo nucleare, se gli Stati Uniti lasciano l’accordo sul nucleare, vedrete molto presto che se ne pentiranno come mai prima nella storia». Ora si attende la replica del presidente americano, che siamo certi, risponderà per le rime.