E’ rientrata la crisi fra Corea del Nord e Stati Uniti, quando Trump aveva annullato il previsto incontro con Kim Jong-un. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato a Washington il braccio destro del dittatore nordcoreano, Kim Jong Chol, per riaprire la strada al previsto summit del 12 giugno. In questo quadro, secondo Francesco Sisci intervistato da ilsussidiario.net, Pechino esce di scena ed entra invece Mosca, il cui ministro degli Esteri Sergei Lavrov si è recato a Pyongyang per incontrare Kim Jong-un. Che sta succedendo?



Si riapre la strada dei colloqui di pace fra Trump e Kim Jong-un: come è stato possibile? Che cosa era successo veramente?

Abbiamo assistito a una sciarade messa in piedi da Trump attraverso la quale il presidente americano ha voluto sottolineare che l’eventuale pace è un affare che riguarda solamente Stati Uniti e Corea del Nord mentre la Cina non c’entra. E’ cioè stata marginalizzata nel quadro degli eventi.



In che modo esattamente e perché?

Nei giorni successivi a quella crisi l’America ha annunciato una serie di misure restrittive per le esportazioni in Cina di componenti ad alta tecnologia. E’ stata firmata una tregua commerciale per ridurre di 200 milioni di dollari il surplus commerciale verso l’America, e l’America ha tolto la Cina dalla questione nordcoreana imponendo anche nuovi dazi.

Tutto questo cosa comporta?

L’obiettivo vero sembrerebbe quello di separare la questione nordcoreana da quella cinese. Vent’anni fa circa, quando cominciarono i colloqui a sei, si cominciò con lo spirito opposto: la Corea era la scusa che avrebbe dovuto avvicinare Cina e Usa, adesso è il contrario.



E Pechino non dice nulla?

Pechino è molto confusa, solo dopo il recente viaggio del viceministro dell’economia cinese in America hanno cominciato a capire la gravità della situazione con gli Usa. L’America in qualche modo vuole fare i conti con Pechino, ancora non è chiaro come ma li vuole fare.

Perché?

C’erano due intese che non sono state mai esplicitate ma che erano intese o fraintendimenti fra i due paesi. Una era che 40 anni fa, quando l’America sostenne la Cina nel suo sforzo di sviluppo, lo fece per crearsi un alleato importante, iniziando negli anni 80 ad abbattere i dazi di importazione sotto al 3% praticamente gratis, e favorendo l’esportazione di tecnologia. Hanno di fatto industrializzato la Cina. L’ingresso della Cina nel WTO era condizionato alla democratizzazione della Cina stessa. 40 anni dopo invece l’America non ha un alleato né la Cina è diventata una democrazia. Questi due debiti oggi pesano sulla percezione americana e viceversa. Pechino si è completamente dimenticata di questi grandi favori americani e adesso si accorge che l’America non è contenta, per cui non sa come reagire. Intanto Washington ha tolto la Corea del Nord dall’ambito cinese.

Il viaggio a Pyongyang del ministro degli Esteri russo invece cosa significa?

La questione russa si inserisce in questo quadro, ma al momento non è chiaro se Trump accetta o no questo ruolo russo nel processo di pace. 

I russi cosa guadagnerebbero dall’inserirsi al posto di Pechino?

In questi anni hanno avuto rapporti con la Nord Corea piuttosto stretti e quindi oggettivamente c’è un dialogo in corso. Ma i russi vogliono soprattutto ricostruire un rapporto con l’America aiutandola con la Corea creando così le condizioni per un incontro tra Trump e Putin che doveva esserci sin dall’inizio del mandato del presidente americano e che poi per le ben note ragioni non si è più tenuto.

(Paolo Vites)