E’ arrivata la giornata storica attesa da tutto il mondo, quella dell’incontro faccia a faccia tra Donald Trump e Kim Jong-un che fino a qualche mese fa sembravano sull’orlo di una guerra mondiale. Come ci ha già spiegato molte volte, Francesco Sisci in questa intervista ci ripete che è “solo un primo passo, non ci si può attendere la risoluzione di un conflitto durato decenni, ma già il fatto che ci sia un incontro è di per sé un successo”. Quali carte giocheranno i due? Chi vincerà? Sisci ci ricorda che Kim Jong-un non è giunto da solo a Singapore: è presente, nonostante l’assenza, anche la Cina.



Quale agenda metteranno sul tavolo Trump e Kim Jong-un? Che carte nascondono nella manica entrambi?

Ci sono due elementi da tenere sempre presenti: America e Nord Corea e America e Cina. Per quanto riguarda l’agenda, gli elementi sono tanti, ma solo il fatto che ci sia un incontro faccia a faccia è già un successo, comunque vadano le cose.



Trump vince se ottiene che cosa?

Il risultato minimo dovrebbe essere il congelamento del processo nucleare e il congelamento o meglio ancora l’annullamento di tutto ciò che riguarda i missili a lunga gittata. In questo modo la minaccia nei confronti degli Stati Uniti sarebbe definitivamente eliminata.

Questo è dunque l’obbiettivo di Trump?

Rimarrebbe il problema dei missili a a breve e media gittata, in grado di colpire il Giappone, ma questo è un elemento che c’era già da tempo, non sarebbe un cambiamento strategico. Certo se si riuscisse ad arrivare anche a questo sarebbe un ulteriore e più soddisfacente risultato.



Pensa si toccherà anche il trattato di pace fra le due Coree?

Penso di sì, il che naturalmente non significa riunificazione, ma la premessa teorica a un’integrazione di Pyongyang nell’ambito commerciale ed economico internazionale.

Che è invece quello che il dittatore metterà sul tavolo, giusto? Così come l’annullamento delle sanzioni?

Se ci fosse l’accordo sull’ingresso di Pyongyang nella scena economica internazionale, le sanzioni decaderebbero automaticamente. Siamo lontani dalla fine delle minacce a Giappone e Seul, ma se già si parlasse di un possibile trattato di pace, si farebbe un grosso passo in avanti.

E la Cina?

La Cina è il convitato di pietra di questo summit. Kim Jong-un è arrivato a Singapore con un volo di linea cinese, come dire, ci sono anche loro al vertice. Gli americani invece hanno fatto coincidere il vertice con due mosse palesemente anticinesi.

Quali?

Il giorno stesso del summit una nave militare americana passerà nello stretto di Taiwan che Pechino considera proprie acque territoriali, dunque sarà un vero atto ostile. In più sarà inaugurata a Taipei una nuova grande ambasciata americana, come dire: Taiwan non si tocca.

In sostanza?

L’America vuole sottolineare che se Washington ha vinto, Pechino non ha vinto, che quanto sta accadendo è una cosa fra loro e la Corea del Nord. Pechino invece dice che riguarda anche loro, dice “noi c’entriamo comunque perché Kim Jong-un a Singapore ce lo abbiamo portato noi”.

(Paolo Vites)