Secondo la presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli, la notizia che è giunta dal Sudan è molto positiva anche se non chiude l’intricata e folle vicenda attorno alla “sposa bambina”: «L’avvocato Ishag Ahmed Abdulaziz ci ha comunicato che l’appello per Noura Hussein è stato parzialmente accolto, con l’annullamento della condanna a morte emessa in primo grado. Siamo felici che la sua vita sia salva – prosegue la presidente Napoli -, ci siamo battuti per questo e la pressione internazionale ha pesato tantissimo sulla decisione della Corte di appello di Ondurman». Insomma, il carcere rimasto per Noura non è ancora la “soluzione” del caso e la comunità internazionale dovrà ancora tenere gli occhi ben fissi sul suo caso per evitare che l’istanza di Noura – e di tutte le altre schiave-spose bambine – finisca nell’oblio. «Ora, dopo questo importante risultato attendiamo fiduciosi l’esito del ricorso alla Corte Suprema che gli avvocati del team di Noura ci hanno assicurato sarà depositato al più presto», conclude la presidente della associazione per il Darfur. Gli avvocati della ragazza sono pronti a continuare la battaglia giudiziaria, «fino a quando non sarà dichiarata innocente» in maniera definitiva. (agg. di Niccolò Magnani) 



RINNEGATA PURE DAI GENITORI

La notizia che una Corte d’Appello sudanese ha annullato la pena di morte alla 19enne Noura Houssein, la ragazza che quando ancora era una adolescente aveva accoltellato a morte il marito che la stuprava, è stata accolta con soddisfazione da Amnesty International, promotrice di una campagna di sensibilizzazione in suo favore per rivedere la sentenza, e anche dall’ONU: Noura era stata infatti destinata in sposa, ancora bambina a 13 anni a un uomo che subito dopo il matrimonio, celebrato quando ne aveva già 16, ha abusato di lei di fronte alle sue richieste di consumare la loro unione. Ad ogni modo, nonostante l’annullamento della sentenza capitale che nel Paese africano prevede l’impiccagione, Noura adesso dovrà comunque scontare 5 anni di prigione e pagare una salatissima multa anche se la pena dovrebbe decorrere a partire dal maggio 2017. Alla lettura della sentenza ad esultare in aula è stata anche la madre ma, da quanto si apprende, anche la famiglia della sposa bambina ha avuto un ruolo non marginale nella vicenda dato che, dopo essere fuggita una prima volta dal promesso sposo, erano stati i suoi stessi genitori (con un inganno) a riportarla da lui e a seguito dell’omicidio ancora una volta era stata la sua famiglia non solo a consegnarla personalmente alla polizia ma pure a rinnegarla, lasciandola alla sua sorte. Che, per fortuna, una Corte d’Appello ha ieri ribaltato. (agg. di R. G. Flore)



ANNULLATA PENA DI MORTE PER LA SPOSA BAMBINA

Non sarà condannata a morte Noura Hussein. La giovane sposa sudanese che ha ucciso il marito era stata incarcerata negli scorsi mesi e a maggio il tribunale locale aveva appunto sentenziato la morte per la stessa. Lei aveva sempre sostenuto di essere stata stuprata dall’uomo, dopo un matrimonio combinato quando aveva appena 16 anni. Nelle scorse ore giustizia è stata fatta: la corte d’appello ha infatti annullato la precedente sentenza, condannando la giovane donna a cinque anni di prigione più una multa. La ragazza era stata arrestata a maggio del 2017, come sottolineano i colleghi di TgCom24, e dovrà pagare altresì una multa pari a 337.500 sterline sudanesi, circa 12mila dollari americani.



L’APPELLO INTERNAZIONALE

Dopo la condanna a morte si era sollevata una sommossa popolare, con la creazione di una campagna internazionale, Justice for Noura. Amnesty International sosteneva che la ragazza era stata obbligata al matrimonio quando aveva 16 anni, e quando si rifiutò di consumarlo il marito chiamò i due fratelli e un cugino per violentarla. Dopo averci provato per una seconda volta Noura ha deciso di farla finita, pugnalando a morte l’uomo. Seif Magango, vicedirettore regionale di Amnesty International, ha spiegato che «Questa decisione dovrebbe ora portare a una revisione delle leggi e far sì che Noura Hussein sia l’ultima persona costretta a sopportare una simile prova». In Sudan una bambina che ha almeno 11 anni può sposarsi: l’Onu sta cercando di far cambiare al paese africano quest’assurda legge.