“Smentisco Macron, era stanco” ha detto il capo del governo Conte; “Il concetto di paese di primo arrivo non si può cancellare” ha ribattuto il presidente francese Macron; “Non ho sottoscritto nessun accordo specifico con la cancelliera Merkel, nessun impegno specifico sui movimenti secondari e l’accoglienza in Italia” è intervenuto ancora Conte, mentre nel documento finale stilato a Bruxelles si legge, apparentemente, il contrario. “E’ un documento all’insegna della massima ambiguità che lascia ogni interpretazione aperta” commenta il professor Gian Carlo Blangiardo, demografo e responsabile scientifico di Ismu, su quanto “partorito” dopo quella che, nelle parole dei protagonisti, a Bruxelles è stata una notte di “sfinimento e fatica” per tirare fuori undici paginette che già il giorno dopo ognuno smentiva secondo i suoi interessi. “E’ ancora una volta l’ennesimo pessimo segnale di una Europa in cui ognuno pensa a se stesso” dice Blangiardo.



Professore, gli scontri che si sono accesi appena firmato il documento di Bruxelles sembrano dirla lunga su una unità di pura apparenza, ma non nei fatti, cosa ne pensa?

Se c’è veramente, come a volte a parole esce dai leader europei, la disponibilità di tutti a fare la loro parte, allora bisognerebbe non soffermarsi a cercare il cavillo normativo, ma dire ok facciamoci carico ciascuno del problema. Se si lavora tutta la notte insieme e poi al mattino si rileggono i documenti sottoscritti secondo la propria convenienza, non mi sembra una bella dimostrazione di cooperazione.



Ci sono parecchi punti ambigui in questo documento, tra cui quello che sembra dire, per come lo hanno interpretato i paesi di Visegrad, che la quota di migranti da accogliere è del tutto volontaria.

Il rischio è che questo gioco dell’interpretazione legato a un testo ambiguo porti a un nulla di fatto, come peraltro ha fatto capire il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dicendo che “è troppo presto per parlare di successo”. In realtà stiamo dando la solita pessima dimostrazione dell’Europa. La morale di questo vertice è che si fa finta di affrontare l’emergenza e poi quando è il momento ognuno pensa a se stesso.



Cosa si aspettava?

Doveva essere un primo passo, l’inizio vero di una revoca in discussione dello stato di cose vigente, per fare ordine e cambiare. Questa doveva essere la buona filosofia che doveva dominare, invece ciascuno fa buon viso a cattivo gioco, si dice disponibile e  poi sotto sotto cerca di fregare il suo vicino. E’ una Europa che non è Europa.

Altrettanto ambiguo è il punto dove si parla dei “movimenti secondari”, quei migranti cioè riconosciuti in Italia ma che poi se ne vanno in Germania o altrove. Sembra di capire che la Germania può rispedirci indietro tutti questi migranti.

Una mobilità di gente che vuole andare in Svezia o in Germania con in tasca il permesso ottenuto in Italia c’è sempre stata e molto alta. Ma anche questo punto è ambiguo, un conto è il clandestino che ci viene rimandato indietro, altra cosa è una persona riconosciuta dall’Italia, che dovrebbe avere tutti i diritti di andare dove vuole.  Schengen si applica solo per gli europei, o si applica per tutti?

L’emergenza migranti, ci dicono i numeri, è di gran lunga ridotta. E’ davvero così?

Il problema vero è il “serbatoio” umano che c’è a sud dei paesi che si affacciano nel Mediterraneo, quello c’era e c’è ancora. I potenziali migranti dall’Africa subsahariana erano tanti ieri, lo sono oggi e lo saranno domani. Adesso un fattore di dissuasione c’è, rappresentato dai messaggi che arrivano da Salvini e altri che vogliono scoraggiare le persone a partire, tentando di attenuare così la pressione che era diventata insostenibile. In realtà è solo comunicazione, e qualche effetto lo dà. Si mandano un po’ di minacce, si cerca di spaventare i migranti, la stessa Libia è più attenta a fare quello che prima non faceva ed è ovvio che questi fattori insieme hanno dimezzato gli arrivi, ma il problema resta alla radice.

Che differenza c’è allora tra Minniti e Salvini? Intervenire sulle Ong risolve il problema?

Dire che non ci sono più barche dietro l’angolo pronte a imbarcare i migranti è un modo per comunicare che si vuole cambiare registro, ma in realtà non è stato fatto niente per cambiare la situazione. C’è un effetto comunicazione che dà qualche risultato, nella seconda metà dell’anno scorso gli arrivi sono stati più bassi e continuano a esserlo, ma secondo me è solo una pausa. Bisogna agire alla sorgente del problema, non alla foce.

Intende nell’Africa subsahariana, ma sappiamo quanto sia complicato.

Intanto questa idea degli hotspot sulla costa nordafricana è già un modo positivo per organizzare meglio quello che oggi si fa in modo malandato. Ma per fare questo bisogna essere forti e coesi e l’Europa non lo è. I leader europei dovrebbero smetterla di giocare a fare i protagonisti, accettando con un minimo di umiltà di condividere con altri le scelte, in modo da prendere provvedimenti che vadano bene per tutti, ciascuno pagando quel poco che viene chiesto.

(Paolo Vites)