Dan Coats l’allarme lo ha lanciato chiaro e tondo, ora non resta al Congresso e alla stessa Casa Bianca cercare di uscire dall’impasse del “Russiagate” e pensare a misure importanti per salvaguardare la sicurezza nazionale. Per farlo serve però una cooperazione politica che, al momento, sembra proprio mancare tra Washington e l’inquilino della White House: se infatti osserviamo il caso dei 12 hacker russi incriminati da Mueller e la replica di Trump possiamo capire come siano ancora acerbi i tempi per una cooperazione univoca. «Le storie che avete sentito ieri sui 12 russi si riferiscono a cose avvenute durante l’amministrazione Obama, non l’amministrazione Trump. Perché non hanno fatto qualcosa, soprattutto quando si è saputo che il presidente Obama era stato informato dall’Fbi a settembre, prima delle elezioni?», ha twittato il Presidente Usa mettendo in cattiva luce il suo predecessore e la gestione delle istituzioni di intelligence americani, che ora è lo stesso Trump a guidare. Secondo il Procuratore, i russi sono accusati di aver cospirato «per violare i computer di comitati elettorali statali, segretari degli Stati e società informatiche Usa che fornivano software relativi alla gestione del processo elettorale con l’obiettivo di rubare dati di elettori». (agg. di Niccolò Magnani)



12 HACKER RUSSI INCRIMINATI

Lancia l’allarme cyber attacchi il capo dell’intelligence americana, Dan Coats. Parlando presso l’Hudson Institute di Washington, l’esperto USA ha sottolineato come i russi siano fra gli “hacker” più pericolosi in circolazione. «Queste azioni sono persistenti, sono pervasive – le parole di Coats – e sono destinate a minare la democrazia americana su base giornaliera. Russi e altri stanno cercando di penetrare nella vulnerabilità delle nostre infrastrutture». Le dichiarazioni di Dan Coats, giungono il giorno stesso in cui il dipartimento di giustizia ha annunciato l’incriminazione di 12 agenti dell’intelligence militare russa, accusati di aver hackerato le email e le reti dei computer dei democratici, durante le elezioni presidenziali del 2016, quelle in cui vinse l’attuale numero uno degli Stati Uniti, Donald Trump. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



“COME L’11 SETTEMBRE”

Allarme rosso negli Stati Uniti, per la possibilità di attacchi cibernetici. Ad annunciarlo è stato il direttore della National Intelligence americana Dan Coats, mettendo in guardia le forze dell’ordine e l’autorità circa la possibilità di cyber attacchi su larga scala. Secondo Coats, potrebbe succedere qualcosa di simile a quanto accaduto nei mesi che hanno precedente il terribile attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001: «l sistema d’allarme lampeggia e l’infrastruttura digitale che serve il nostro Paese è letteralmente sotto attacco – le parole del capo degli 007 Usa, riportate dai colleghi di TgCom24.it – fu nei mesi precedenti all’11 settembre che, stando all’allora direttore della Cia George Tenet, il sistema lampeggiò con luce rossa. E quasi due decenni dopo, sono qui a dirvi che l’allarme rosso lampeggia nuovamente».



“I RUSSI SONO I PIU’ AGGRESSIVI”

Coats cerca quindi di fare i nomi e i cognomi dei possibili cyber terroristi, o meglio, delle nazioni nel mondo in cui gli attacchi hanno origine: «Russia, Cina, Iran e Corea del Nord sono fra coloro che continuano nei loro sforzi per minare la democrazia americana. Paesi che ogni giorno si introducono nelle nostre infrastrutture digitali e conducono una gamma di cyber-intrusioni e attacchi contro obiettivi negli Stati Uniti». In particolare sembrerebbero essere i russi quelli più temibili, visto che il capo dell’Intelligence li descrive come «gli attori stranieri più aggressivi di tutti, senza dubbio».