Il vertice con Vladimir Putin rischia dunque di trasformarsi in un clamoroso boomerang per il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Che sta venendo attaccato dal suo stesso partito per un atteggiamento definito troppo “morbido” nei confronti della Russia, con un dietrofront sul caso Russiagate che non ha convinto nemmeno molti esponenti del GOP, il Great Old Party americano. Ma nei momenti di maggiore pressione Trump non se l’è mai cavata benissimo, e ora si trova a fronteggiare anche l’accusa di voler ritrattare quanto da sempre affermato contro la Corea del Nord e il regime di Kim Jong Un. “Non abbiamo fretta per la denuclearizzazione della Corea del Nord”, ha spiegato Trump ai giornalisti, una dichiarazione che è stata vista come un segnale di debolezza verso Pyongyang che, aggiunto a quello verso la Russia, potrebbe mettere davvero in difficoltà il Presidente Usa e i Repubblicani, chiamati ora a prepararsi per le elezioni di Midterm del prossimo novembre. (agg. di Fabio Belli)



L’IRA DI SCHWARZENEGGER

I Repubblicani per una volta si avvicinano di più alle tesi di “Robocop” Arnold Schwarzenegger, ex Governatore della California, che non a quelle sempre più radicali del Presidente Donald Trump: dopo il vertice di Helsinki e la versione “cambiata” in extremis, la star di Hollywood si scaglia contro il proprio Presidente e compagno di partito, con un video sui social dove esclama «Donald sei imbarazzante. Presidente ricorda, America First: ti sei comportato come un ragazzino fan di Putin. Mi sono domandato quando gli avresti chiesto l’autografo o un selfie. In questa conferenza stampa hai letteralmente svenduto la nostra intelligence, il nostro sistema giudiziario e tutto il nostro Paese». Secondo “Schwarzy” il ruolo del Presidente Usa deve essere ricoperto in tutt’altro modo con azioni e segni assai più simili a quelli ad esempio di Ronald Reagan che non quelli “assurdi” tenuti da Trump durante gli ultimi vertici mondiali: «Sei il presidente degli Stati Uniti, non dovresti farlo. Qual è il tuo problema? Cosa ne è delle parole forti e della dignità di Ronald Reagan di fronte al Muro di Berlino quando disse ‘Mr. Gorbaciov, butti giù questo muro’? Cosa è accaduto?». 



TUTTI I VOLTAFACCIA DEL PRESIDENTE

La versione del Presidente: quante volte è cambiata in questi giorni, dalla Nato al vertice a Londra con May, fino al summit con Putin. In tutte queste occasioni è stato palese il “Trump style” della sua dottrina: litigare, provocare, trovare la pace “insperata”, andare via e ritrattare sconvolgendo completamente quanto detto poco prima. È avvenuto anche con Putin anche se forse in questo caso si tratta di un voltafaccia “di facciata”, e scusate il gioco di parole: la sparata fatta contro Cia, Fbi e intelligence Usa sul Russiagate è stata molto pesante e il suo stesso partito ha messo alle strette Trump per ritrattare sui confronti della Russia. Come ben spiega Mastrolilli, inviato della Stampa da New York, il problema reale del presidente è proprio il suo stesso punto di forza, ovvero la strategia geopolitica trumpiana. «”Wall Street Journal” ha criticato in un editoriale, definendola «Trump First Doctrine», ossia la dottrina che mette Trump al primo posto, invece dell’America. Il viaggio europeo ha dimostrato che il capo della Casa Bianca intende demolire l’ordine mondiale degli ultimi 70 anni, costruito dagli Usa a loro beneficio». Demolire l’ordine, rimettere l’America che ha in mente Trump al centro e abolire tutti i colloqui multilaterali che lo mettono a disagio, a vantaggio invece di quelli bilaterali dove può fare il bello e cattivo tempo e cambiare in fretta idea, mettendo poi pezze con alcune dichiarazioni magari volutamente ambigue e “interlocutorie”. Come però conferma lo stesso inviato della Stampa, «Questa visione, ammesso che venga articolata organicamente dal capo della Casa Bianca, non convince diversi repubblicani, che iniziano ad opporsi». 



TRUMP FA RETROMARCIA

Nelle ultime ore il presidente americano Donald Trump è finito nella bufera per le dichiarazioni rilasciate nel corso dell’incontro a Helsinki con il presidente della Russia Valdimir Putin. Polemiche vibranti che hanno visto protagonisti i rappresentati dell’opposizione e che hanno evidenziato l’imbarazzo del partito repubblicano. L’accusa principale è stata quella di tradimento, con il numero uno della Casa Bianca reo di essersi ‘reso’ nei confronti dello zar. “Intendevo dire il contrario”, ha tenuto a precisare il tycoon, che ha ribadito di riporre “piena fiducia e sostegno nell’intelligence degli Stati Uniti”, accettando “le conclusioni degli 007 sulle ingerenze russe nel corso delle elezioni presidenziali del 2016”. Un passo indietro inaspettato ma necessario per fronteggiare un clima di nervosismo che ha invaso il suo esecutivo, nonostante l’atteggiamento mostrato ieri e nelle prime ore di oggi, con i media nel mirino come sempre… (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

UE LA VERA VITTIMA

È forse l’Unione Europea il vero “sconfitto” del vertice di Helsinki tra i due grandi leader mondiali: tanto Trump quanto Putin hanno molti più vantaggi ad commerciare e “coordinare” interessi reciproci che “evitano” o quantomeno lasciano in secondo piano il Vecchio Continente. Il Presidente Usa che twitta “il vero nemico è l’Ue, non Putin” non è certo un buon viatico per i prossimi mesi decisivi nei tanti nodi aperti tra la Casa Bianca e Bruxelles: ma è anche Putin a non rassicurare i vertici europei, tanto che giusto qualche settimana fa sono state confermate le sanzioni Ue contro il Cremlino (con tanto di critiche forti da parte di Italia, Ungheria e Paesi di Visegrad). Secondo Fulvio Scaglione (giornalista esperto di Asia e Medio Oriente) – in una intervista a Vatican News – quanto avvenuto a Helsinki rappresenta un effetto di un mondo cambiato: «il vertice in Finlandia  ha sancito l’affermazione di ciò che gli atlantisti vecchio stile, tradizionalisti, temevano succedesse, e cioè un Trump che fa il ‘liscio e busso’ agli alleati europei e poi tende un ponte di dialogo a Putin». Ma non solo, quanto avvenuto tra Trump e Putin non sarebbe per nulla “a caso” ma frutto di una strategia ben misurata e studiata: «il presidente Usa, perseguendo il nazionalismo, vede nella Russia un Paese grintoso ma in difficoltà: con gli eserciti Nato alle porte e un’economia che non è certo in competizione con quella americana. Mentre guarda diversamente gli alleati europei: riottosi, divisi fra di loro, ma pur sempre artefici del 20% degli scambi commerciali mondiali. […] Per Trump sia più conveniente prendersela con la debole, ma ricca, Europa piuttosto che con la grintosa ma povera Russia», conclude il collega Scaglione. 

IL TWEET RIPARATORE

La domanda più insidiosa della conferenza stampa seguita all’incontro ad Helsinki tra Donald Trump e Vladimir Putin la formula un giornalista della Associated Press e la rivolge direttamente a The Donald:”Presidente, ma lei a chi crede?”. Il tema è il Russiagate, le opzioni le agenzie di intelligence americane e la parola di Vladimir Putin. Sorprendentemente – ma neanche troppo – il presidente Usa segue il suo istinto e sceglie l’inquilino del Cremlino. Un’affermazione per niente “nazionalista”, che di fatto ha sollevato un coro quasi unanime di proteste negli States, con Trump tacciato dal Washington Post di aver in questo modo “colluso apertamente con il leader criminale di una potenza ostile”. 

Ma Trump deve difendersi anche dal fuoco amico dei Repubblicani. Newt Gigrich, tra i suoi sostenitori storici, spiega:”Il presidente Trump deve chiarire immediatamente le sue affermazioni sull’intelligence e su Putin. Questo è l’errore più serio della sua presidenza e va corretto, immediatamente”. Il massimo che Trump riesce a fare, poco dopo il summit, è una parziale rivisitazione del significato delle sue parole attraverso Twitter:”Come ho detto oggi e molte volte prima, ho GRANDE fiducia nelle MIE persone dell’intelligence. Riconosco tuttavia che per costruire un futuro più luminoso non ci si può focalizzare esclusivamente sul passato – come le due maggiori potenze nucleari al mondo, dobbiamo andare d’accordo! #HELSINKI2018″. (agg. di Dario D’Angelo)

TRUMP E PUTIN RIDISEGNANO IL MEDIO ORIENTE

Donald Trump e Vladimir Putin nel corso del loro incontro ad Helsinki, in Finlandia, hanno trattato diversi dossier di reciproco interesse tra Usa e Russia, ma non c’è dubbio che gran parte del dialogo tra i due leader sia stato incentrato sugli equilibri instabili del Medio Oriente. La variabile impazzita da quelle parti è spesso e volentieri rappresentata dall’Iran, un soggetto che ha approfittato degli errori strategici dei propri vicini per allargare la propria sfera d’influenza. Con l’uscita dall’accordo sul nucleare siglato dall’amministrazione Obama, Donald Trump ha lasciato intendere che non considera Teheran un interlocutore affidabile per gli interessi americani in Medio Oriente. Diversamente la pensa di sicuro Vladimir Putin, che pure non ha smentito Trump quando ha dichiarato “l’importanza di fare pressione sull’Iran per mettere fine al suo programma nucleare e alla sua campagna di odio nel Medioriente”. 

Fondamentale per gli Usa “la sicurezza di Israele”, come ha ribadito Trump, ma l’intesa potrebbe allargarsi anche alla Siria, che secondo le idee di Putin dovrebbe diventare esempio di una cooperazione “di successo” tra Mosca e Washington. Questa nuova alleanza in Siria potrebbe avere degli impatti positivi anche sul fronte immigrazione. Lo ha confermato l’inquilino del Cremlino spiegando che “se non aiutiamo i rifugiati siriani che si trovano nei Paesi di confine, la pressione migratoria sull’Europa aumenterebbe, noi speriamo invece diminuisca. Crediamo che si debbano trovare delle soluzioni”. (agg. di Dario D’Angelo)

UN NUOVO ORDINE MONDIALE?

Un incontro tra leader per provare a lasciare da parte le differenze e le diffidenze: metti una giornata ad Helsinki con Donald Trump e Vladimir Putin, ne verrà fuori qualcosa di gustoso. Ma al di là della convergenza sull’inesistenza del Russiagate, che tanto bene fa sia a The Donald (che così non vede intaccata la sua vittoria su Hillary) che a Putin (che così si caccia fuori dai guai che la prova di un’ingerenza gli avrebbe procurato, cosa resta del summit in Finlandia? Di sicuro l’impressione che l’inquilino della Casa Bianca e quello del Cremlino abbiano intenzione di riscrivere un Nuovo Ordine Mondiale, provando per come si può a non pestarsi i piedi. Da qui la volontà di provare ad avviare una sorta di collaborazione sulla Siria, di condurre una battaglia comune sul terrorismo internazionale, e forse di considerare l’Europa alla stregua di una terra di conquista, stando attenti ad evitare intrusioni di sorta dal Dragone che prende il nome di Cina. Restano evidentemente dei dossier inconciliabili: su tutti la Crimea, dove le posizioni di Trump e Putin restano agli antipodi. Ma è il minimo, sembra anzi quasi un dettaglio al termine di un summit che marca più la volontà di camminare insieme che non le differenze tra due popoli abituati a combattersi. E a tal proposito bisognerà capire se la volontà di procedere al disarmo nucleare resterà o meno lettera morta. Così come spetterà a Putin fare l’equilibrista tra l’ossessione iraniana di Trump e la solidità dei rapporti tra Russia e Iran. Si chiama geopolitica: assomiglia ad una partita a scacchi. (agg. di Dario D’Angelo)

COSA SAPPIAMO SULL’INCONTRO TRUMP-PUTIN

In Finlandia si sono stretti la mano, nei prossimi mesi al Cremlino e alla Casa Bianca continueranno a dare un colpo al cerchio e uno alla botte come visto finora o Vladimir Putin e Donald Trump arriveranno ad un’alleanza che la Russia e gli Stati Uniti d’America non hanno mai visto? Il giorno dopo il summit di Helsinki tra i due leader più potenti del mondo (e in certi versi anche molto simili) è tutto un tentativo da parte della stampa mondiale e degli analisi di “tradurre” quanto avvenuto e detto nella lunga e intensa giornata di colloqui. Addio Guerra Fredda e soprattutto Russiagate, sembrerebbe ad una prima “banale” osservazione dei fatti accaduti, ma come sempre con Putin e Trump c’è sempre molto più di quello che “semplicemente” è stato detto: i silenzi, le omissioni, le provocazioni e i “detti-non-detti” fanno convolare a nozze i due leader che in maniera furba si sono strizzati l’occhio in più di un tema caldo toccato. Per entrambi è stato un successo, come hanno detto subito dopo il summit: «Le nostre relazioni non erano mai state peggiori, ma le cose sono cambiate ora.

La nostra collaborazione è un’opportunità per la pace e preferisco correre un rischio politico per raggiungerla. Le nostre relazioni non sono mai state peggiore di adesso, ma questo è cambiato. Dal momento che quattro ore fa ci siamo incontrati e c’è stato un dialogo così proficuo», apre Trump. «Atmosfera di lavoro, aperta e li ritengo di successo e utili», risponde Putin: in mezzo, ancora il leader Usa ha spiegato come «L’incontro di oggi è solo il primo, gli Stati Stati vogliono cooperazione e pace. Voglio ringraziare Putin ancora una volta per essersi incontrato con me. È stata una giornata estremamente costruttiva, delle ore molto costruttive. È interesse di entrambi i Paesi continuare con il dialogo». Insieme sul nucleare Iran, la lotta al terrorismo islamico e forse anche la Siria: distanti ancora su Crimea-Ucraina e caos commerciale per le sanzioni. E sul Russiagate invece..

LA REAZIONE “CHOC” NEGLI USA

«Il Russiagate è una farsa. Un disastro per i nostri Paesi. Tutti sanno che è una farsa senza prove, nulla di quello portato alla luce è relativo alla mia campagna elettorale. La mia campagna è stata onesta, ho battuto con facilità Hillary Clinton e la batterei di nuovo»: le parole di Donald Trump sono state ben accolte dalla Russia ma ovviamente per nulla accettate dalla politica e dai media Usa che vedono in quelle frasi una resa incondizionata al “nemico” Putin. «È una vergogna che ci sia questa inchiesta, io non conoscevo Putin e non c’è stata nessuna collusione», ha poi aggiunto Trump con il collega russo che ha commentato subito «la Russia non ha mai interferito e mai interferirà negli affari interni americani, comprese le elezioni. Il presidente Trump – ha riferito il leader del Cremlino – ha sollevato la questione dell’ingerenza russa nelle elezioni americane e ho dovuto ripetere quello che ho già detto più volte, anche nel corso di nostre telefonate: la Russia non ha mai interferito e mai interferirà negli affari interni americani, comprese le elezioni, ma siamo pronti ad analizzare ogni prova, se verrà presentata». Negli States invece tutto è andato alla rovescia, con il summit che viene visto come una “resa incondizionata” a Vladimir Putin da parte di Trump: «vergognoso, un tradimento scandaloso della patria» hanno spiegato alcuni leader repubblicani oltre all’intero Partito Democratico e agli ex funzionari di intelligence.