Per nove giorni l’unica forma di nutrimento è stata l’acqua piovana, la fame era molta: sono le parole die ragazzini thailandesi rimasti rinchiusi nelle grotte in totale per 18 giorni, fino a quando, nove giorni dopo il loro ritrovamento, hanno potuto mangiare qualche cosa portato loro dai soccorritori. L’acqua piovana in sostanza erano piccole gocce che scendevano dalle pareti, dunque molto poca, la loro resistenza dimostra le possibilità del fisico umano specie se sei giovane di sopravvivenza. Per quanto riguarda l’allenatore, accusato di averli portati lì dentro, ha detto che avevano provato a scavare una via di uscita “perché non volevano che le autorità ci salvassero”. Questo probabilmente per la paura di una punizione, i ragazzi stessi hanno detto di essersi comportati male perché avevano detto ai genitori che sarebbero andati agli allenamenti invece hanno deciso la folle avventura (Agg. Paolo Vites)



VOGLIONO DIVENTARE DEI NAVY SEAL

Tutti ricordano quei giovani ragazzi che si sono ritrovati intrappolati in una grotta in Thailandia e che poi grazie all’azione eroica sono stati salvati. Oggi sono tornati a disposizione per raccontare la loro terribile esperienza, ma non ci si aspettava che quattro di loro avessero le idee così chiare per il futuro. Questi infatti hanno dichiarato che il loro sogno è quello di diventare dei Navy Seal, cioè nelle forze speciali degli United States Navy. Un gesto che fa capire come questi ragazzi siano stati colpiti da chi li ha salvati da morte certa. Sicuramente i ragazzi dovranno effettuare un percorso psicologico di crescita importante, ma sono tutti usciti da questa esperienza con la consapevolezza che ora con un po’ di applicazione si potrà arrivare a vivere le cose con maggiore equilibrio e soprattutto più lucidità. Un’esperienza che segnerà per sempre la loro vita ma che potrà essere superata brillantemente anche per il tanto tempo che li separa dalla maturità. (agg. di Matteo Fantozzi)



“ECCO COSA RISCHIANO ORA”

Nel corso della conferenza stampa, se erano ancora provati dalla durissima esperienza nella grotta di Tham Luang, non l’hanno dato certo a vedere ma adesso per la squadra dei “cinghialotti” comincia una nuova fase del loro pieno recupero: infatti, come spiegato anche dagli psicologi thailandesi oggi a margine dell’incontro con i giornalisti, si è cercato di non stressare troppo i ragazzini con domande troppo invadenti e lasciare che tornassero quanto prima dalle loro famiglie dopo un periodo di ricovero e quarantena a seguito del loro ricovero. Nonostante il loro umore sia apparso buono e i diretti interessati abbiano anche approfittato della conferenza per chiedere scusa a tutti per lo spavento procurato, genitori in primis, ed essersi resi conto solamente negli ultimi giorni che la loro “bravata” è costata la vita a uno dei soccorritori, adesso il rischio per questi teenager è che nei prossimi mesi possano sviluppare disturbi da stress post-traumatico, ma anche ansia dopo aver trascorso tanti giorni in una grotta così angusta e delle fobie. Anche per questo motivo, ora che il fisico si è quasi ristabilito, saranno seguiti da un team di psicologi che li aiuteranno a “fare i conti” con una esperienza che, stavolta nel bene e non nel male, rimarrà indelebile nella loro vita. (Agg. di R. G. Flore)



PASSERANNO UN MESE IN UN TEMPO BUDDHISTA

L’ammissione da parte degli organizzatori della conferenza stampa del fatto che alcune domande erano “off limits” per i ragazzi, al fine di salvaguardarne il percorso di riabilitazione e anche per motivi legati alla privacy (ad esempio il presunto uso di sedativi su di loro durante le operazioni di salvataggio) rende l’idea di come la prima uscita pubblica dei “cinghialotti” in Thailandia sia stata al tempo stesso una festa ma anche un incontro con la stampa allestito per soddisfare le curiosità dei media e poi lasciare i protagonisti della drammatica vicenda nella grotta di Tham Luang alle cure delle proprie famiglie dopo un periodo di sovraesposizione televisiva. Infatti, adesso i componenti della squadra di calcio e il loro allenatore torneranno alle loro vite normale, in attesa di ristabilirsi del tutto e, come si apprende da fonti di stampa locali, alcuni di loro saranno mandati dai propri genitori per un breve periodo in un monastero buddhista al fine di migliorare le loro tecniche di meditazione che, tra l’altro, avevano già messo in pratica durante la lunga permanenza nella grotta su suggerimento del loro coach, il quale può infatti vantare una esperienza di monaco che risale a diversi anni fa. (Agg. di R. G. Flore)

“ABBIAMO PROVATO SENSO DI COLPA QUANDO…”

Sui loro volti sorridenti e rilassati, per chi non fosse stato a conoscenza della vicenda, sarebbe stato difficile immaginare che quegli stessi ragazzini solo fino a pochi giorni fa erano protagonisti di una lunga Odissea che li ha visti rimanere prigionieri in una grotta: e invece oggi in Thailandia la squadra dei “cinghialotti” e il loro coach si sono presentati per la prima volta davanti alle telecamere dei media per raccontare, ora che si sono parzialmente ristabiliti, alcuni dettagli di quella disavvenuta che, nel corso delle operazioni di salvataggio, è pure costata la vita a un sommozzatore loro connazionale. Tutti agghindati con la maglia della loro squadra di calcio, i ragazzini hanno spiegato come sono riusciti a sopravvivere nell’antro di Tham Luang, ovvero bevendo le goccioline dell’acqua piovana che penetrava nelle rocce e soprattutto facendosi coraggio l’un l’altro grazie anche alla presenza del loro allenatore: a detta di tutti, però, c’è stato soprattutto un momento in cui hanno avvertito il senso di colpa per una “bravata” che ha rischiato di mettere a rischio le loro vite, vale a dire quando, una volta fuori, mentre venivano condotti in ospedale hanno appreso della morte dell’eroico sub che ha contribuito, nelle fasi iniziali del salvataggio, a portare loro dell’ossigeno. (Agg. di R. G. Flore)

ELIMINATE ALCUNE DOMANDE SCOMODE

Sembrano essere ufficialmente archiviati i giorni duri della loro prigionia nella grotta di Tham Luang in Thailandia. I 12 ragazzi ed il loro allenatore sono stati oggi protagonisti della loro prima conferenza stampa ufficiale organizzata dal governo thailandese. I 13 sono apparsi vestiti tutti uguali, sorridenti e pronti a raccontare la loro incredibile avventura. Ancor prima di potersi sottoporre alla raffica di domande dei giornalisti, spiega Repubblica.it, un team di psicologi ha valutato i quesiti in anticipo e deciso quali sarebbero stati sottoposti ai ragazzi da un moderatore in diretta televisiva. Quelle escluse quasi certamente sono state le domande relative alle operazioni di salvataggio da parte dei sub, dal momento che, presumibilmente erano tutti sotto effetto di forti sedativi. O ancora i dettagli sullo status di Senza patria di tre di loro e dello stesso allenatore e che avrebbe potuto altrimenti aprire un vero e proprio caso politico. Altre domande quasi certamente escluse potrebbero avere a che fare con il vero motivo per il quale erano soliti recarsi spesso in grotta. Intanto, ai 12 è stato permesso di lasciare l’ospedale un giorno prima del previsto e il governo ha subito pensato di organizzare la conferenza stampa “perché i giornalisti possano fare loro tutte le domande che vogliono e poi, una volta a casa con i loro genitori, li lascino in pace”, ha spiegato un portavoce. L’obiettivo, dunque, è stato quello di ridurre per quanto possibile la curiosità sul gruppo di sopravvissuti.

I PRIMI RACCONTI UFFICIALI DEI RAGAZZI INTRAPPOLATI

Uno dei Cinghiali rimasto bloccato nella grotta in Thailandia insieme ai suoi compagni di squadra ed al loro allenatore Ekkapol Chantawong, ha spiegato: “Quando ho visto i soccorsi ho pensato fosse un miracolo”. Proprio l’allenatore ha invece raccontato i loro tentativi di uscire dalla “prigione” naturale nella quale erano irrimediabilmente finiti. “Abbiamo provato a scavare” una via d’uscita “perché non volevamo stare solo ad aspettare che le autorità ci salvassero”, ha raccontato il ragazzo. Senza cibo e solo con acqua a disposizione, il passare dei giorni è stato molto faticoso per tutti loro. “Abbiamo potuto bere le goccioline d’acqua che scendevano dalle pareti e abbiamo cercare di stare il più possibile vicino a quella fonte”, ha aggiunto. I 12 insieme al loro allenatore hanno a lungo tentato di scavare nelle pareti della grotta in cerca di una vita di uscita. Quindi hanno raccontato quali sono state le prime sensazioni dopo aver compreso non solo di essersi inoltrati fin troppo oltre ma soprattutto di essersi definitivamente persi. Inizialmente non erano molto spaventati, poi hanno realizzato ciò a cui sarebbero andati incontro con il passare dei giorni.