Accuse di tradimento mai così brutali nei confronti di Donald Trump come quelle che gli sono state rivolte dopo l’incontro con Putin, arrivate anche da diversi membri del Partito repubblicano. Ad esempio John McCain, che ha dichiarato che “la conferenza stampa a Helsinki è stata una delle performance più vergognose di un presidente americano di cui si abbia memoria”. E Trump è stato obbligato a fare un clamoroso dietrofront, rimangiandosi quello che ha detto a Helsinki. Siamo davanti a una crisi senza precedenti per il presidente americano? Lo abbiamo chiesto a Massimo Gaggi, inviato del Corriere della Sera a New York.
Trump ha fatto un dietrofront clamoroso sulle proprie dichiarazioni, era già successo in passato a questo livello?
Si tratta di un dietrofront sicuramente clamoroso, ma è successo già in passato che abbia corretto in corsa delle dichiarazioni, affermando al tempo stesso la sua tesi. In campagna elettorale ad esempio chiese scusa per le sue parole contro gli omosessuali per poi ripetere le stesse cose in modo più o meno offensivo. Questa volta come da copione si è rimangiato quello che ha detto a Helsinki, però ha aggiunto che i colpevoli potrebbero essere di altri paesi. Certamente questa volta ha ricevuto critiche più brutali di altre volte.
Anche da parte del suo stesso partito.
I repubblicani vivono uno stato di impotenza, non sanno bene come comportarsi. Più che fare indagini parlamentari, mettere nero su bianco la responsabilità dei russi che possono fare? Non possono certo dichiarare l’impeachment del loro stesso presidente.
Il Washington Post ha usato un linguaggio molto duro nei confronti di Putin: “Trump è in un aperto rapporto di collusione con il leader criminale di una potenza ostile”. Non è esagerato? Sembra che gli americani con i russi siano ancora ai tempi della Guerra fredda.
Ma d’altra parte non c’è da stupirsi, un conto è trattare con la Russia così come si tratta ad esempio con la Cina, diverso è avere un rapporto confidenziale a porte chiuse senza testimoni e poi dire quello che Trump ha detto. Putin poi è un personaggio che si è reso colpevole sul piano dei diritti umani di cose non da poco, oltre il suo passato nel Kgb.
Però si parla di “criminale” e “potenza ostile”…
Definirlo criminale è in effetti un po’ pesante, tenendo conto che tutti i leader hanno il monopolio della violenza, commettono atti che possono essere giudicati discutibili, poi interviene la ragione di stato che rende vane le accuse.
In definitiva cosa possiamo dire di Trump e della sua politica internazionale? Dovremo aspettarci questi episodi fino alla fine del suo mandato?
Trump non ha nessuna interesse e attenzione per il rispetto delle regole diplomatiche o della geopolitica internazionale. Vede tutti i rapporti in chiave interna, cioè nei termini di cosa viene al popolo americano e soprattutto ai suoi elettori. Per gli Usa vuole mantenere il ruolo di presenza importante, ma nei termini di quello che riesce a fare per il mercato americano.
“America first”, è così?
Usa il mercato interno come arma di ricatto, ad esempio ha attaccato la Germania sull’accordo per la fornitura del gas russo. Cercare di costringere la Germania a comprare il gas americano invece di quello russo comporta per questi ultimi un danno economico rilevante e già ci sono paesi europei che stanno cedendo a questa linea, ad esempio la Polonia che ha firmato un contratto ventennale con gli Usa per la fornitura di gas americano.
(Paolo Vites)