In una intervista concessa al giornale tedesco Bild, Fayed al Serraj, il presidente della parte di Libia che ha Tripoli per capitale (quella peraltro riconosciuta a livello internazionale e anche dall’Italia) ha detto che rifiuta in modo assoluto “l’idea dell’Unione Europea di realizzare nel Paese strutture dove accogliere i migranti che l’Unione invece non vuole”. Ha aggiunto che non lo farà neanche per motivi economici. E’ una chiusura totale di quella parte della Libia da dove parte il maggior numero di migranti? Lo abbiamo chiesto al generale Marco Bertolini.
Quali motivazioni reali dietro il no di Serraj? Che cosa comporta questo rifiuto?
Penso che se l’aspettativa nostra, dell’Unione Europea ma anche dell’Italia, sia che la Libia si rassegni a diventare un po’ per volta un centro profughi al posto nostro, Serraj ha tutte le ragioni per dire di no.
Questo no però porta a una impasse, vista la chiusura dell’Italia e le solite difficoltà del resto dell’Unione ad accogliere migranti.
Non si può pretendere da parte della Libia di continuare a gonfiarsi di profughi che arrivano dal sud perché sono attirati dalla prospettiva di trovare navi che li portano in Italia. E’ chiaro che Serraj non può accettare, perché un capo dello Stato non può farlo, di trasformare il proprio paese in un campo profughi. Anche perché ha un concorrente, Haftar, che avrebbe buon gioco a dire che sta svendendo la loro sovranità.
Quale strategia allora?
La soluzione è cercare un accordo con la Libia per una soluzione temporanea ma nell’attesa di trovare il modo di chiudere i confini a sud.
Se ne parla spesso, sappiamo che il flusso dei migranti passa dal Niger e dall’Africa subsahariana, ma una impresa del genere comporta uno sforzo, anche in termini di uomini, che difficilmente sarà possibile, o no?
Non c’è dubbio, è un problema che ha implicazione politiche e diplomatiche molto complesse. Ma se alla Libia quindi a Serraj e Haftar offrissimo un aiuto sostanzioso per controllare gli ingressi a sud potrebbero accettare anche l’apertura di campi profughi al nord. Se continuiamo a cercare solo di chiudere la frontiera nord, quella sul mare, è chiaro che la cosa non funziona. Ci vuole uno sforzo non indifferente, anche in termini di uomini, ma Haftar dice sempre che non vuole truppe straniere in Libia. Però proporre loro di chiudere le frontiere a sud potrebbe portare a iniziare un dialogo più serio di quello attuale.
Il nostro ministro degli Esteri è stato recentemente a Tripoli, per rafforzare la collaborazione con Serraj. E’ la strategia giusta o piuttosto bisognerebbe collaborare con tutte le fazioni libiche?
Noi non possiamo non dare il sostegno a Serraj, anche perché Serraj vuol dire la Tripolitania ed è da lì che arrivano i migranti. E’ chiaro che Serraj è un interlocutore fondamentale. Credo comunque che ci siano contatti anche con Haftar e sembra che prossimamente il governo Conte stia organizzando un meeting con tutti e due in Italia. E’ importante non lasciare l’iniziativa al solo Macron, che ha dimostrato di voler curare solo gli interessi della Francia.