“Non mi lascio licenziare da una cancelliera che sta lì solo grazie a me” aveva detto Horst Seehofer nel pomeriggio di ieri. Non solo Angela Merkel non ha licenziato il suo ministro dell’Interno, ma tra i due è stato trovato un accordo sulla questione migranti. L’intesa prevede la costituzione di centri di transito alla frontiera tedesca dai quali gli immigrati, una volta identificati, saranno rispediti, sulla base di accordi bilaterali, nei paesi europei dove sono stati registrati. Il governo tedesco è salvo e la Merkel segna un punto a suo favore: la trattativa ha logorato il leader della Csu, che dopo una serie di ultimatum ha visto diminuire la propria credibilità e il proprio peso nel partito. Ne abbiamo parlato con Alessandro Merli, per anni corrispondente da Francoforte del Sole 24 Ore. “Seehofer — spiega Merli al Sussidiario — ha mostrato un comportamento contradditorio, in più le sue titubanze gli hanno fatto perdere il vantaggio che aveva”.



Perché Seehofer e la Merkel sono arrivati a un compromesso?

Perché è utile a entrambi. Seehofer vuole respingere non solo gli irregolari ma anche i migranti già registrati che si presentano alle frontiere tedesche. La Merkel, puntando sugli accordi bilaterali, una soluzione l’ha trovata ed è nei fatti quella chiesta dal suo ministro dell’Interno.



L’ultimo vertice europeo?

Ha rafforzato la Merkel e indebolito Seehofer. Il leader della Csu negli ultimi giorni ha insistito sulla linea dura, ma probabilmente doveva solo trovare un modo per uscire dall’impasse. 

Che cosa può avere indotto Seehofer a cambiare idea?

Potrebbe essersi reso conto che far saltare la Merkel avrebbe avuto ripercussioni pesantissime non solo per il voto in Baviera, ma anche a livello federale. Per i tedeschi, a differenza degli italiani, la stabilità è un valore assoluto. Un partito che provoca una crisi quando ci sono voluti sei mesi per formare il governo, alle elezioni non viene premiato.



Episodi di violenza come quello subito da Susanna F., citata anche da Seehofer, e lo scandalo del Bamf (Ufficio federale tedesco per i rifugiati; soldi in cambio della concessione del diritto d’asilo) quanto hanno inciso sull’opinione pubblica?

Hanno pesato perché la stampa li ha enfatizzati, come era prevedibile, ma i sondaggi dicono che l’opinione pubblica è ancora con la Merkel. Anche in Baviera. 

Dove si voterà in ottobre.

La chiave di volta di tutta questa vicenda sono proprio le elezioni in Baviera. La Csu è terrorizzata dall’eventualità di perdere la maggioranza assoluta, cosa che quasi certamente avverrà. 

Qual è il suo pronostico?

Ls Csu potrebbe ottenere un consenso intorno al 40 per cento, dicendo addio alla maggioranza assoluta. Uno shock, perché ha sempre governato da sola. Ora dovrà allearsi.

Una linea più intransigente sugli immigrati avrebbe consentito alla Csu di recuperare i voti in uscita verso AfD?

In realtà anche in Baviera i due terzi degli elettori sono favorevoli alla linea della Merkel e non a quella di Seehofer. Probabilmente il ministro si è reso conto che andando dietro ad Alternative für Deutschland avrebbe recuperato qualche voto a destra perdendone però molti di più al centro.

La politica delle porte aperte risale al 2015, all’apertura delle frontiere tedesche per i migranti provenienti dalla rotta balcanica. Come è mutato il giudizio sulla Merkel da allora?

Inizialmente quella decisione è stata accolta bene dall’opinione pubblica, ma quando si è visto che la situazione era fuori controllo, c’è stato un riflusso anti-immigrati. Nonostante questo, la gente è più pragmatica che ostile. Che quanto accaduto abbia un po’ incrinato il rapporto di fiducia verso la Merkel è vero: però, anche i tedeschi che non le perdonano di avere gestito l’emergenza con troppa approssimazione, non per questo scelgono i partiti che stanno dall’altra parte.

Anche Trump ha tentato di usare l’immigrazione contro la Merkel.

Trump ha detto che la criminalità in Germania è cresciuta a causa degli immigrati, ma i dati dicono che non è vero. In questo modo il presidente americano è stato percepito come un fattore di disturbo, per di più sulla base di dati falsi, con il risultato di stimolare la coesione tedesca e di giocare a favore della Merkel.

(Federico Ferraù)