Dopo i dazi contro i suoi alleati europei, Donald Trump in vista del vertice dell’11 luglio a Bruxelles, attacca anche la Nato. Alle parole contenute nella lettera molto dura inviata ad Angela Merkel (“Gli Usa dedicano più risorse alla difesa europea della stessa Europa. L’inadeguatezza della Germania è un pericolo”) forse varrebbe rispondere con la vecchia battuta che risale agli anni 50: “A cosa serve la Nato? A tenere gli Usa “in”, la Russia “out” e la Germania “down”. Questo perché almeno fino alla caduta del Muro di Berlino la Germania Ovest era un paese occupato dagli eserciti inglese ed americano e come con il Giappone, non si voleva che Bonn tornasse a essere una potenza militare. Sta di fatto però che la critica di Trump, spiega a ilsussidiario.net il vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali Vincenzo Camporini, non è una novità da parte americana, ci furono casi analoghi già negli anni 70 e ancora con Obama: “La richiesta di Trump di adeguare il 2% del Pil di ogni nazione membro della Nato alle spese per la difesa non è un requisito legalmente vincolante, è solo un accordo di massima preso durante la crisi ucraina del 2014. Un paese come l’Italia poi non potrebbe mai impegnare una cifra del genere del suo Pil”.
Camporini, la minaccia degli Stati Uniti di ridurre la loro presenza militare in Europa è motivata dall’ideologia isolazionista di Trump o c’è qualche altro motivo?
Sono minacce che fanno parte dell’ideologia trumpiana, quella del motto “America First”. Dare cioè enfasi agli interessi americani a mio avviso con uno sguardo molto miope, perché gli interessi americani si estendono anche al resto del globo, ma è qualcosa comunque con cui dobbiamo fare i conti.
In che senso?
Trump è al potere, non è al potere da solo, è l’espressione di una posizione molto chiara di parte dell’establishment, ha un supporto elettorale notevole. Quello che possiamo dire delle sue politiche economiche e strategiche è che sono miopi, ma nel breve periodo danno dei risultati che lo fanno apparire come l’uomo che guida gli Usa verso un nuovo rinascimento americano.
Propaganda interna, giusto?
Per il resto del mondo il fattore di equilibrio fornito dal rapporto multilaterale significa che una volta che togliamo una nazione da questa rete di rapporti tutto si squilibra. Teniamo poi conto che oggi l’interesse americano non è certo verso l’Europa, ma è focalizzato al Pacifico, alla Cina, all’Estremo Oriente. Il Medio Oriente stesso non è una priorità, se non per il supporto a Israele.
La richiesta di Trump è che i paesi europei si adeguino al 2% del Pil per la difesa, ma non è un requisito legalmente vincolante, giusto?
No, però va detto che nel 2014 dopo la crisi ucraina e l’annessione della Crimea da parte della Russia, i leader della Nato hanno volontariamente sottoscritto un impegno, anche se nello spazio di dieci anni, a raggiungere questo 2% del Pil dato alla difesa. La Germania è il paese più sotto accusa perché ha una politica della difesa molto evanescente, la scarsa efficienza dello strumento militare tedesco è ammessa da loro stessi. Inoltre non hanno piani strategici che facciano percepire la volontà di cambiare marcia.
Noi italiani potremmo mai impegnare una percentuale del genere alla difesa e alla Nato?
Non è neppure immaginabile. Attualmente spendiamo circa 20 miliardi per la difesa, e destiniamo l’1,12% del Pil. Pensare di spendere trenta miliardi non è fattibile, né per il quadro politico che abbiamo né perché ci sono altre priorità. Ma a differenza della Germania, noi possiamo dire “spendiamo poco ma facciamo molto” partecipando attivamente a missioni Nato in tutto il mondo, mentre la Germania non fa neanche questo.
Cosa cambierebbe se Trump riducesse davvero la presenza militare in Europa?
Ci sono alcuni paesi europei che considerano la presenza americana contro l’espansionismo russo fondamentale, per questi paesi la prospettiva sarebbe negativa. Intendo i Paesi Baltici, la Repubblica Ceca e Slovacca, la Polonia. Tutti paesi che fanno riferimento per le loro politiche generali alla Germania e quindi faranno pressioni su Berlino, sentendosi suoi satelliti, sollecitandola a evitare che gli americani riducano la loro presenza.
(Paolo Vites)