“Bullismo commerciale”, così è stata etichettata la scelta economica di Washington. Pechino ha approvato dazi su 34 miliardi di dollari di interscambio, una ritorsione in risposta alle tariffe doganali alzate su 34 miliardi di beni cinesi diretti negli Stati Uniti. Non è chiaro chi si potrà fermare, e come, e quali saranno le conseguenze per i due giganti, Usa e Cina, e per il disordine mondiale. “Questa effettivamente è la più grande guerra commerciale della storia, come hanno titolato anche alcuni giornali cinesi — spiega Francesco Sisci, editorialista di Asia Times e docente nella Renmin University of China —. Entrambe le parti dicono oggi di essere arrivate allo scontro riluttanti ma che non indietreggeranno. Ora occorre sforzarsi per evitare che la guerra commerciale diventi guerra vera”.



Come siamo arrivati a questo punto?

Le guerre scoppiano da errori nella percezione della situazione, quando entrambe le parti sono sicure di vincere. Ma c’è sempre una parte che perde.

Ed è la Cina?

I cinesi pensavano che gli americani si sarebbero fermati prima, dato che i legami commerciali sono troppo forti e gli Usa non sembravano avere alcuna voglia di soffrire economicamente. È stato un grande errore di calcolo perché la prima regola di un impero, e quello americano è tale, è tenere fede non sempre alle sue promesse in positivo (“ti farò ricco”) ma sempre alle sue minacce (“ti farò guerra”). La guerra non conviene a nessuno ma certo conviene meno alla Cina.



Qual è stato nello specifico l’errore commesso da Pechino?

La Cina è arrivata allo scontro per un errore di valutazione e un giudizio errato sul futuro degli Usa. L’errore di valutazione è che analisti miopi e sicofanti non hanno visto o non hanno voluto vedere il cambiamento radicale di percezione della Cina nel mondo e in America. In poche parole l’impressione era, come prima della guerra dell’oppio, che la Cina si stesse arricchendo troppo e troppo rapidamente alle spalle di tutti gli altri. Né valeva la storia dell’interdipendenza. La tedesca Basf prima della prima guerra mondiale aveva il 15% del suo fatturato in Cina, eppure Berlino è andata in guerra. Oggi la Basf ha solo il 10% del suo fatturato in Cina, per esempio. 



E il giudizio sugli Stati Uniti?

Il giudizio è che il presidente Trump, dividendo le opinioni in America e dividendo l’America dall’Europa, non ce l’avrebbe fatta a sostenere uno scontro. Secondo me anche questo giudizio è sbagliato, perché in America nulla unisce come una guerra, e in Usa tutti o quasi tutti hanno qualcosa contro la Cina.

La Cina ha proposto alla Ue un’alleanza nella guerra commerciale contro l’America. Come giudica questa scelta?

E’ una riprova che la Cina non capisce cosa stia succedendo. Qui la Cina non capisce o finge di non capire che Cina e Ue hanno ordini di problemi diversi con gli Usa. Per la Ue tutto si esaurisce nella questione del disavanzo di commercio, dietro non c’è altro. Con la Cina invece la questione del commercio è solo la punta dell’iceberg, sotto ci sono questioni strategiche, tecnologiche, industriali, di potere, di sistema politico e di cultura.

Cosa succederà?

Il commercio mondiale si gelerà, tantissimi prodotti importati costeranno di più, compreso il petrolio, le borse crolleranno e la situazione potrebbe avvitarsi. Questo dovrebbe riportare tante industrie in America, e ci potrebbe essere anche l’eventualità di una nuova crisi finanziaria globale. 

E questo scenario vede i due imperi alla pari?

No, perché l’America ha una rete di sostegno molto più ampia di quella che ha la Cina. Ma a questo punto occorre sforzarsi per evitare che la guerra commerciale diventi guerra vera. 

Come potrebbe svilupparsi?

Non è chiaro come sarebbe combattuta una nuova guerra fredda che facesse seguito a quella commerciale, ma è facile pensare che una serie di oppositori interni ed esterni al governo — alcune sette religiose, minoranze etniche, nemici nel partito — si muoverebbero per cercare di mettere in difficoltà Pechino, cosa che a sua volta potrebbe ulteriormente innervosire il governo.

Le prossime tappe?

Una prima misura dello scontro si avrà lunedì, quando vedremo come reagiranno le Borse asiatiche e quelle cinesi. Economisti americani dicono che gli Usa a causa del buon andamento della loro economia non sentiranno quasi alcun effetto nel breve periodo. I cinesi pensano invece che il loro mercato interno potrà supplire all’assenza del mercato esterno. Entrambi i governi non sono ingenui e applicheranno astute manovre per colpire senza essere colpiti, ma questo significa che la lotta potrebbe protrarsi a lungo.

(Federico Ferraù)