Andrew Brunson, il pastore evangelico di 50 anni, è forse inconsapevolmente alla base della crisi tra Usa e Turchia nonché del tracollo della lira turca e della guerra economica e diplomatica tra i due Paesi. L’uomo, come ricorda Il Sole 24 ore, è un cittadino americano originario della North Carolina, da 23 anni in Turchia e dal 2016 in carcere con l’accusa di essersi reso complice del fallito colpo di stato del medesimo anno in Turchia e di legami con il leader religioso Fetullah Gulen che vive in esilio negli Usa. Quest’ultimo è ritenuto anche lui coinvolto nel mancato golpe e Ankara da sempre auspica la sua estradizione. Secondo i media turchi questa mattina un tribunale ha respinto l’appello per la liberazione del pastore. Il Consigliere americano per la Sicurezza nazionale John Bolton ha confermato la “continua detenzione di Andrew Brunson” e a sua detta non ci sarebbe nulla da trattare con la Turchia prima della sua liberazione. Se per alcuni il caso Brunson sarebbe alla base della crisi tra i due Paesi, nella realtà questo ha rappresentato solo la classica goccia che ha portato ad inasprire i rapporti. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
RESPINTO IL RILASCIO DEL PASTORE USA
Nuova richiesta di scarcerazione respinta del pastore americano Andrew Brunson, attualmente detenuto in Turchia. Come riferito poco fa dai colleghi dell’edizione online de La Repubblica, un tribunale ha deciso di non assecondare le richieste degli Stati Uniti, acuendo probabilmente ancora di più la crisi intercorsa fra le due nazioni. Il rilascio di Brunson è infatti all’origine dello scontro fra l’amministrazione Trump e Ankara, con la nazione americana che ha di conseguenza deciso di sanzionare duramente Erdogan, con conseguente crisi economico-finanziaria del suo paese.
L’ORGOGLIO DI ERDOGAN
Brunson è detenuto in Turchia dall’autunno del 2016, ed è accusato di terrorismo e spionaggio per essere legato ai golpisti di Fetullah Gulen. Come dicevamo, la ritorsione americana ha portato ad una crisi senza precedenti in Turchia, con la Lira che rispetto al cambio con il dollaro è ai minimi storici. Erdogan, in maniera forse fin troppo orgogliosa, non poteva però cedere alle richieste di Washington, ed ha di conseguenza trattenuto per l’ennesima volta il pastore. Ormai sta portando avanti da qualche giorno a questa parte questa sua campagna nazionalistica contro il nemico a stelle e strisce, e i cittadini sembrano seguirlo: dove finirà?