Marta Scomazzon è sopravvissuta al tremendo attentato di Barcellona, ma non ha potuto “festeggiare” chiaramente: il suo fidanzato Luca Russo, infatti, è una delle 16 vittime di quel pomeriggio di sangue sulle Ramblas. Oggi al Corriere del Veneto racconta cosa è successo e come si sente ad un anno esatto da quella strage: «Mi sono concentrata su altro rispetto a quanto è successo e, quindi, ho avuto meno tempo per pensarci», ammette Marta, avvolta ancora nel dolore per quel “promesso sposo” con il quale stava facendo una vacanza nella bella Barcellona. «Inizialmente dicevo: “Lo faccio per Luca”, lui mi ha sempre spronato molto perché caratterialmente sono una persona indecisa e titubante. La tesi di laurea, ad esempio, ho deciso di terminarla per lui, perché sapevo sarebbe stato contento di sapere che l’avevo finita. La dottoressa Saporiti, però, mi ha fatto capire che dovevo fare le cose per me, oltre che per Luca. In quest’anno ho cercato di pormi diversi obiettivi da raggiungere, sono contenta di fare molte cose e penso che continuerò così». Il suo impegno è oggi legato a far nascere “qualcosa di bello”, come dice esattamente lei al termine dell’intervista: il dolore rimane, il mistero per quello che è capitato pure, eppure non tutto finisce. « Al funerale di Luca ho raccolto dei fondi da dare in beneficenza e lo farò anche alla messa in suo ricordo che si terrà venerdì e durante la cerimonia per la piantumazione dell’albero. I soldi raccolti sono destinati all’associazione Dario Bonamigo. È una onlus che, attualmente, sta costruendo una scuola per infermieri in Kenya. In questo modo cerco di far nascere qualcosa di bello».
L’ANNIVERSARIO
Era il 17 agosto 2017 quando Barcellona “scoprì” il terrorismo islamista dell’Isis nel suo cuore più pulsante e simbolico, quelle Ramblas che attraversano tutto il centro della capitale catalana: un attacco come reazione «alla strategia della coalizione anti-Isis di cui la Spagna è membro», si leggeva nel comunicato dello Stato islamico nel suo ultimo, speriamo, grande attacco all’Occidente con l’odiosa modalità dell’auto (furgone in quel caso) sulla folla. Erano le 16.50 di un anno esatto fa quando Younes Abouyaaqoub, alla guida di un camioncino bianco, si infilò a tutta velocità zigzagando per circa 600 metri nella zona pedonale de La Rambla che porta da Plaça Catalunya e il Gran Teatre del Liceu. Si schiantò davanti al mosaico di Joan Mirò dove oggi le autorità e tantissimi cittadini catalani si sono radunati per rendere omaggio alle 14 vittime di quella strage immane nel cuore della Barcellona che da mesi vive nella continua ansia della comunità politica, sociale ed economica. Proprio durante le esequie delle vittime un anno fa si pre-annunciò lo scontro fortissimo tra il governo di Spagna e Catalogna, che porterà poi al referendum sull’autonomia definito illegale da Madrid (con tanto di esilio “volontario” dell’ex Governatore Puigdemont). Tra le vittime dell’attentato sulle Ramblas vi furono 14 persone, tra cui due bambini di 3 e 7 anni, e anche tre italiani. Bruno Gulotta, 35 anni, di Legnano, in provincia di Milano, morto sotto gli occhi dei figli di 7 mesi e 5 anni e della moglie Martina; Carmen Leopardo, 80enne residente in Argentina ma originaria di Potenza, travolta mentre si trovava in vacanza nel centro di Barcellona; Luca Russo, 25 anni, di Bassano del Grappa, laureato in ingegneria e in vacanza insieme alla fidanzata, rimasta ferita nell’attacco.
GLI ATTACCHI AL RE
Una Barcellona completamente bloccata e asserragliata per il timore di nuovi scontri, specie tra autonomisti e “repubblicani” dopo un anno passato con il timore costante di una guerra civile che prende origine, anche, da questo tremendo attentato di un anno fa. Il re spagnolo Felipe VI e la moglie donna Letizia sono arrivati a Plaza Catalunya, a Barcellona, per la commemorazione del primo anniversario degli attentati di Barcellona ma l’accoglienza della città non è stata per nulla “serena”. All’ingresso della piazza, su un palazzo, vige lo striscione «Il re di Spagna non è il benvenuto nei Paesi catalani», con altri cori di contestazione giunti da ogni parte della piazza. Non solo caos però, anche per fortuna il cordoglio di una città che vuole lasciarsi alle spalle il dramma e le divisioni: come riporta l’Ansa, «Stracolma la grande piazza, dove sono arrivate migliaia di persone. La cerimonia prevede musiche e letture nelle sette lingue delle vittime: catalano, spagnolo, inglese, francese, portoghese, italiano e tedesco. Le commemorazioni sono iniziate con una cerimonia di deposizione dei fiori sulle Ramblas».