Australia modello da seguire in materia d’immigrazione? Sì secondo Matteo Salvini, il ministro dell’Interno che oggi ha dichiarato:”Il mio obiettivo è il ‘No way’ australiano. Nessun migrante soccorso in mare mette piede in Australia”. Ma in cosa consiste nello specifico questo No Way? Come riportato da TgCom24, l’operazione inizialmente ribattezzata “Sovereign Borders” ha preso le mosse nel settembre 2013, quando al governo vi era l’allora premier conservatore Tony Abbott. Lo scopo? Respingere o deportare ogni migrante arrivato illegalmente via mare in territorio australiano. Una linea dura, messa in atto mediante il dispiegamento massiccio di unità militari per la sorveglianza delle coste e l’intercettamento delle imbarcazioni. Una volta intercettate in acque australiane, le imbarcazioni di migranti possono essere riportate nei porti di partenza (in particolare in Indonesia e Sri Lanka), mente le persone a bordo possono invece smistate in centri di identificazione (o detenzione) a Papua Nuova Guinea e sull’isola di Nauru, dove le loro domande d’asilo vengono valutate e può essere concesso il diritto, limitato però solo a queste due località. “No Way”, solo per le stime militari, secondo le stime del governo australiano ha un costo di circa 300 milioni di euro l’anno. (agg. di Dario D’Angelo)



NUOVA ZELANDA VUOLE RIFUGIATI AUSTRALIA

Mentre il premier australiano Malcolm Turnbull minaccia di abbandonare il Parlamento se il suo partito continuerà a cercare di rimuoverlo con un voto straordinario, l’Australia è il centro del mondo quando si parla di immigrazione. Da Matteo Salvini, che cita il suo modello di respingimenti “no way”, fino alla Nuova Zelanda, che si propone di offrire asilo a quei rifugiati altrimenti rifiutati dal governo della terra dei canguri. Come riportato da La Repubblica, è stato l’ufficio del primo ministro neozelandase a dichiarare:”La Nuova Zelanda ha ribadito la nostra attuale offerta all’Australia di prendere 150 rifugiati da Nauru e Manus Island. Siamo pronti e disposti ad aiutare”. In questo momento la politica di immigrazione australiana prevede che i richiedenti asilo intercettati in mare, vengano processati e identificati nei centri di detenzione gestiti da Canberra a Nauru, e Papua Nuova Guinea e Manus Island. Nel 2016, la Corte Suprema della Papua Nuova Guinea ha sancito l’illegalità della detenzione di circa 800 tra rifugiati e richiedenti asilo in una struttura sull’isola di Manus. Altri 940 rifugiati e richiedenti asilo a Nauru non possono lasciare l’isola. (agg. di Dario D’Angelo)



I LIBERALI CONTRO TURNBULL

Gravissima crisi politica in Australia. Oggi si sono infatti dimessi ben 13 ministri del governo con a capo il presidente del consiglio Malcolm Turnbull. Il Premier aveva superato due giorni fa il voto di fiducia in parlamento, ed ora si trova costretto ad affrontare un’altra bufera. Le sue intenzioni sembrerebbero però essere chiare: non ha infatti intenzione di dimettersi, come spiegato dallo stesso Turnbull in occasione di una conferenza stampa convocata d’urgenza questa mattina in quel di Canberra. Nonostante molti colleghi del partito liberale gli abbiano chiesto di abdicare, lo stesso rimane al suo posto, ed ha spiegato di essere pronto a convocare per domani un vertice del partito.



TURNBULL HA LE ORE CONTATE?

Se riceverà una mozione firmata dalla maggioranza dei deputati liberali, in cui si chiede un nuovo voto per la leadership dello stesso partito, è molto probabile che a quel punto Turnbull possa essere messo in discussione o addirittura dimettersi. «La considererei un voto di sfiducia», ha infatti commentato lo stesso Primo Ministro, che 48 ore fa aveva “battuto” il numero uno dell’Interno Peter Dutton con 48 voti contro 35. Era stato lo stesso Turnbull, come sottolinea l’edizione online de La Stampa, a chiedere il voto di fiducia, dopo il calo di voti alle elezioni del mese scorso, e le accese divisioni interne al partito.