E’ morta dopo essere stata fermata dalle guardie di confine americane lo scorso marzo: Mariee aveva un anno e mezzo. Insieme alla madre 20enne, provenienti dal Guatemalteca, aveva provato a passare il confine tra Messico e Stati Uniti ma erano state fermate dai poliziotti americani. Inviate in uno dei tanti centri di detenzione, sotto accusa anche perché in essi i figli vengono spesso separati dai genitori, oltre che per le condizioni sanitarie e i maltrattamenti, la bambina è morta a maggio dopo aver contratto una infezione respiratoria. La madre sostiene che la piccola era sana prima di essere incarcerata e detenuta per oltre venti giorni. Trasferita in due ospedali è morta il 10 maggio. Adesso la donna ha fatto causa alle autorità americane per omicidio colposo e all’azienda che gestisce il centro di detenzione per conto del governo di Washington.



SCATTA ACCUSA DI OMICIDIO COLPOSO

La madre e la bambina erano fuggite dal proprio paese, devastato dalle violenze, cercando di superare il Rio Grande in cerca di rifugio negli Stati Uniti. Fermate dalle guardie, erano state rinchiuse nel centro di detenzione per migranti senza documenti di Dilley, dove si trovano incarcerate 2400 persone. Dopo una settimana aveva sviluppato una forte tosse e febbre alta. Nelle due settimane di detenzione, sostiene la madre, le sue condizioni erano peggiorate vistosamente senza ricevere alcuna cura. Finalmente ricoverata in diversi ospedali, le cause ufficiali della sua morte secondo i medici sono dovute a una polmonite virale. Tale malattia, dicono i medici, si può contrarre ovunque, ma, aggiungono, i centi di ricovero come quello di Dilley facilitano i contagi e la diffusione dei virus da cui è difficile guarire. E’ quello che sostengono gli avvocati della donna: la bambina sarebbe stata colpita dalla malattia mentre si trovava nel centro di detenzione senza ricevere cure adeguate. I medici di Dilley sostengono l’opposto. 



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