Salvini che abbraccia Orban. Mentre Di Maio dichiara in pubblico che il tetto del 3% potrà essere sfondato. C’è un nesso? Eccome! Si chiama: ribellione. Ribellione all’Europa delle Merkel e dei Juncker.
E c’è un nesso anche con la strepitosa intervista rilasciata alla Bbc da Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze greco, sull’uscita ufficiale di Atene dal terzo e ultimo piano di salvataggio finanziario della “trojka”: Unione europea, Bce e Fondo monetario internazionale: “Per citare Tacito”, ha detto Varoufakis, “hanno fatto il deserto e lo hanno chiamato pace, hanno messo la Grecia in un coma permanente e lo chiamano stabilità”.
Ed in effetti è un’infamia definire “risanata” l’economia di un Paese con il 180% di debito pubblico sul Pil, con il 40% di disoccupazione giovanile, cioè il 20% complessivo (insomma, 2 milioni di disoccupati su 10 milioni di abitanti), con tutte le infrastrutture di pregio vendute a compratori esteri, in particolare il porto del Pireo ai cinesi e 23 aeroporti ai tedeschi. La Grecia risanata è oggi in realtà un cadavere economico.
Cosa c’entra, tutto questo, con lo strano abbraccio tra Orban e Salvini sul tema dell’immigrazione? C’entra e il perché l’ha sintetizzato il vicepremier italiano dopo i gran complimenti incassati da parte del premier ungherese (“Salvini è il mio eroe. È un mio compagno di destino: sulla sicurezza dell’Unione e sulla difesa dei confini non deve indietreggiare”): “Sono fiero e orgoglioso di rappresentare una svolta per l’Europa”.
Ecco il punto: qualsiasi accozzaglia di alleanza può andar bene, se rappresenta la svolta, se coaugula l’insofferenza di decine e decine di milioni di cittadini europei, dell’eurozona come noi o ancor fuori dall’euro come gli ungheresi, che ormai equiparano a una iattura l’adesione all’Unione Europea. Che ormai addossano all’eurocrazia, a torto o a ragione, tutti i loro problemi. Che ormai misurano la crescente ricchezza pubblica dello Stato tedesco e privata dei cittadini tedeschi come un ammalato guarda la colonnina di mercurio del termometro: più quelle ricchezze salgono, peggio si sente lui.
Sta per iniziare il semestre austriaco di presidenza europea, e il premier austriaco è certamente un soggetto che fa accapponare la pelle ai “politicamente corretti” del centrosinistra europeo quanto e più di Orban e Salvini. In Francia la Le Pen è ferita ma non doma, ed è forse per questo che pinocchietto-Macron deve spingersi a dire che “quanto sta accadendo in Italia è colpa dell’Europa che non ha saputo esprimere condivisione del problema dei migranti”, intanto che la sua Gendarmerie, al confine di Ventimiglia, continua a respingere in Italia armi alla mano i neri francofoni che sognano la terra francese, confermando la “doppia morale” di uno Stato che è responsabile oggettivo e continuativo del disastro libico nel quale prosperano i nuovi schiavisti che ci spediscono i migranti sui barconi.
Probabilmente non saranno gli Orban o i Salvini a salvare, riscrivendola, l’idea d’Europa. Ma è un’idea che va salvata per non farla morire, va salvata perché la “trazione tedesca” degli ultimi vent’anni l’ha vilipesa e stuprata. Diceva Primo Levi, che l’aveva misurato sulla sua pelle nel lager: “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”. L’Europa delle anime belle politicamente corrette ha deciso che la Germania poteva essere nuovamente il Paese-guida a cinquant’anni dal bunker di Berlino, a cinquant’anni dall’Olocausto. Una follia.
Il risultato è che la Germania è diventata un Paese egemone, come sempre nella sua storia, anche se per la prima volta l’ha fatto in un modo bellicamente incruento: per ora. L’abbraccio strapaesano tra Orban e Salvini nasce da questo. Non sarà la risposta giusta, ma una risposta prima o poi verrà.