Continua l’opera cosiddetta di “sinizzazione” delle religioni, il tentativo cioè di attrarle nell’orbita della cultura ideologica comunista della Cina. L’operazione che viene portata avanti da un po’ di tempo, è motivata ufficialmente con la proliferazione di varie chiese, o sette secondo il governo, sta di fatto che nonostante la persecuzione il numero di cristiani in Cina è in costante aumento. Per bloccare il fenomeno, il governo confisca terreni appartenenti alle chiese, distrugge le croci sugli edifici religioni, dà alle fiamme le bibbie, chiude molte chiese e obbliga i fedeli a firmare un documento in cui dichiarano ufficialmente di rinunciare alla loro religione.



LA PERSECUZIONE CONTRO CRISTIANI E MUSULMANI

La nuova stagione di persecuzione contro i cristiani, ma anche appartenenti ad altri credo religiosi come gli islamici, ha preso vita a partire dal 2012: i credenti sono sottoposti a mobbing al lavoro, impedendo di fare carriera, fino al carcere per proselitismo. La libertà religiosa è stata inserita nella costituzione cinese nel 1982, ma attualmente secondo gli esperti siamo davanti alla più potente campagna di persecuzione dai tempi di Mao. La legge  cinese inoltre permette l’esercizio della fede solo alle congregazioni riconosciute dal governo, ma come si sa, anche la Chiesa cattolica fedele al papa è costretta a esercitare la propria missione di nascosto, mentre esiste una Chiesa cattolica fedele allo stato. Per quanto riguarda i musulmani, circa un milione di loro sono stati detenuti in campi di rieducazione dove sono stati obbligati a rinunciare alla loro fede e professare fedeltà al Partito comunista.  



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